05 dicembre 2006

Matematica e mistero

Per Giandomenico Boffi, ordinario di Algebra, la scienza dei numeri apre più di uno spiraglio alla plausibilità di un Ente trascendente
di Antonio Giorgi
«Da questa attività creativa dell’uomo emerge quasi un potere predittivo nei confronti della realtà, che rimane sconcertante»
Trovare l'equazione fondamentale della vita, oppure quella che esprime l'essenza dell'universo? Dare una risposta numerica - magari formulata in codice binario - agli interrogativi esistenziali dell'uomo del XXI secolo? Individuare la formula della felicità, del benessere, della salute, della coesistenza tra i popoli? «Via, non diciamo sciocchezze. La matematica non può spiegare ogni cosa e perfino nel dominio del razionale è ancora da dimostrare la possibilità di matematizzare tutto. Però la matematica è una scienza che va coltivata, strumento prezioso al servizio dell'uomo». Pronunciate da un matematico. Il professor Giandomenico Boffi, ordinario di algebra all'Università Gabriele D'Annunzio di Chieti-Pescara, queste parole possono essere interpretare come un modo di tirare l'acqua al proprio mulino, di svolgere una sorta di attività promozionale per una branca dello scibile che vede diminuire - in Italia e non solo - il numero dei cultori. E si capisce perché: «Studiarla - sottolinea Boffi - è attività faticosa che richiede un impegno razionale molto serio non disgiunto da una buona dose di fantasia, creatività, perfino senso estetico. Oggi i giovani preferiscono altro, purtroppo».
Eppure adesso la matematica può vantare di avere dalla sua nientemeno che il Papa. Intervenendo al recente Convegno ecclesiale di Verona Benedetto XVI l'ha esaltata come sublime creazione dell'intelligenza umana e chiave di lettura di un universo strutturato in maniera intelligente in modo che esista corrispondenza tra la ragione soggettiva e la ragione oggettivata nella natura, espressioni entrambe di un'unica intelligenza originaria «comune fonte dell'una e dell'altra». «Che la matematica sia pura creazione della mente umana è un fatto largamente condiviso», dice Boffi. «Desta perciò meraviglia l'eccezionale efficacia che questa scienza ha dimostrato nel consentire da un lato l'interpretazione della realtà e dall'altro l'intervento concreto, anche tecnologico, su di essa. La matema tica è una delle poche cose universali che noi sperimentiamo, e già questo è sorprendente. Lo è ancora di più il fatto che l'universo risponde in qualche modo alle nostre sollecitazioni basate sugli strumenti matematici. Da questa attività creativa dell'uomo emerge quasi un potere predittivo nei confronti della realtà, il che è alquanto sconcertante». Il professore ricorda James Maxwell e i suoi studi sull'elettromagnetismo, l'intuizione dello scienziato di inserire nelle equazioni un termine in più non per ragioni ispirate da esperienza fisica ma per simmetria. Un audace azzardo, «ma successivamente è stato accertato che quel termine in più corrispondeva alle onde radio». Fu come se il reale, per qualche arcano motivo, si fosse adattato alla speculazione teorica del ricercatore scozzese.
«È naturale che io apprezzi le argomentazioni portate dal Papa al Convegno di Verona», continua Giandomenico Boffi. «Nella misura in cui non si è ancora riusciti a giustificare l'indubbia consonanza verificabile tra una creazione della nostra mente, la matematica, e una realtà data a prescindere da noi, diventa legittimo ipotizzare l'esistenza di un Ente superiore intelligente che si pone alla radice tanto della realtà che ci circonda, quanto della nostra stessa mente. Arriviamo anche noi a chiederci con il Santo Padre se non debba esservi un'unica intelligenza originaria, in quanto ammetterne l'esistenza spiega questa consonanza. Galileo diceva - il Papa lo ha ricordato - che il libro della natura è scritto in linguaggio matematico, quindi conoscendo la matematica possiamo leggerlo. In effetti l'idea che abbiamo oggi è un po' più cauta: la scienza elabora modelli matematicamente strutturati che hanno sicura attinenza con la realtà (altrimenti le auto non funzionerebbero, le astronavi non potrebbero volare), però da qui a dedurre che il mondo è fatto esattamente come il modello ce ne corre. Ai fini del nostro discorso tuttavia non cambia nulla: il dato fondamentale è che esiste i n qualche modo una sintonia tra la mente e la realtà esterna alla mente, sintonia che si spiega bene con l'esistenza di Qualcosa che sta sopra e che unifica».
Siamo davanti ad una consonanza che già il fisico Wigner descriveva con i termini calzanti di sorpresa e mistero, espressioni che Boffi fa proprie ragionando a sua volta del rapporto tra la mente umana, i frutti della mente e la realtà che ci sta attorno. Che conclusione trarre, se non quella, obbligata, che «tutto ciò apre uno spiraglio alla plausibilità dell'idea di Dio?». Diventa di conseguenza arbitrario sostenere «che la nostra fede nel Creatore è un atto completamente irrazionale». La riflessione si concentra sulla relazione tra fede e scienza, fede e intelligenza. «La fede cristiana attribuisce grande importanza all'intelligenza. È una fede che ha bisogno dell'intelligenza e Dio, in ultima analisi, è un'intelligenza amante, una ragione capace di amare. Dentro la matematica troviamo tutte le prospettive per un ampliamento della razionalità».
E anche qualcosa di più, a ben guardare. Oltre ad esprimere la plausibilità dell'idea di Dio, la scienza che Boffi professa fornisce probabilmente anche un elemento a favore dell'esistenza dell'anima. «L'uomo è l'unico essere capace di fare matematica. L'esistenza di attività umane precluse al mondo animale corrobora la plausibilità di una differenza qualitativa tra l'uomo e le altre specie. Riconoscerla, significa dare plausibilità all'idea di un elemento di trascendenza».
«Avvenire» del 21 novembre 2006

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