24 aprile 2007

Vita: più del Dna poté la geometria

Oltre l’evoluzione c’è l’evolvibilità, ovvero l'idea secondo cui i viventi non sono pre-determinati dai propri geni. Parla il fisico Amos Maritan
Di Mario Gargantini
Esposte a Varenna le ipotesi sui sistemi complessi: «Qui sta la chiave: la possibilità di evolvere verso situazioni ottimali. Il che permette di spiegare fenomeni diversi»
Nella biologia evolutiva post-darwiniana c’è tanto posto per le scienze cosiddette "dure", come la matematica e la fisica. Al punto che molti si aspettano i maggiori avanzamenti nella comprensione delle "trame dell’evoluzione" proprio da discipline come la fisica statistica o la geometria. Ecco allora giustificato l’interesse di un fisico come Amos Maritan, dell’Università di Padova, per le proteine e per la materia vivente in genere. Ed ecco anche il grande richiamo di un convegno come «Evolvibilità: l’Evoluzione dell’Evoluzione», in corso sulla riva orientale del lago di Como, a Varenna. Il concetto di evolvibilità è una delle new entry sulla scena scientifica: esprime la capacità di un sistema di evolvere e suggerisce l’idea che i viventi non siano totalmente determinati da quanto è codificato nel Dna dei loro componenti. Il termine è stato introdotto da Stephen J. Gould nel tentativo di superare l’approccio riduzionista che ancora appesantisce molta biologia e che ostacola la comprensione dei fenomeni complessi che dominano il mondo vivente. È un modo per evidenziare il ruolo dell’imprevedibilità, che coesiste in natura con la regolarità e con la possibilità di formulare leggi; è un modo per segnalare come l’emergenza e la contingenza di tanti fenomeni naturali non intacchi la visione di una struttura ordinata del cosmo.
Maritan è l’unico speaker italiano al convegno e vi giunge a seguito di interessanti ricerche nelle quali ha applicato l’approccio tipico della fisica statistica allo studio delle eleganti forme geometriche delle proteine. Per spiegare come si originano tali forme, Maritan parte dal grande Keplero al quale, più di quattro secoli fa, era stato sottoposto il problema di come ordinare le palle di cannone nella stiva delle navi in modo da trasportarne il più possibile. Un classico problema di ottimizzazione, di cui Keplero intuì subito la risposta: è lo stesso modo in cui le arance sono disposte nelle cassette dei fruttivendoli; ed è lo stesso in cui si dispongono certi atomi nei cristalli. «È curioso – osserva Maritan – che si sia dovuto aspettare fino a qualche anno fa per dimostrare che Keplero aveva dato la risposta corretta! Ma la risposta non riguarda solo i cristalli e la materia inanimata: con la geometria devono fare i conti anche i sistemi viventi. L’esempio più eclatante sono le proteine. Possiamo immaginare una proteina come un insieme di oggetti, gli aminoacidi, legati assieme per formare una sorta di catena: un polimero. La proteina, essendo un grasso, in un ambiente acquoso come quello cellulare tende ad appallottolarsi in modo da espellere l’acqua. Siamo quindi di fronte a un problema geometrico di impaccamento, come nel caso delle arance. Si può dimostrare che tale processo, in base a semplici regole di geometria, produce forme spettacolari con motivi comuni a tutte le proteine: sono le forme sfruttate dalla natura per orientare l’evoluzione molecolare».
Sembra quindi di poter scorgere dei principi generali che accomunano i sistemi naturali complessi, cioè quelli con un gran numero di gradi di libertà; quelli studiati appunto dalla fisica statistica. «Fin dalle sue origini, più di un secolo fa, la fisica statistica si è occupata dei fenomeni che sorgono in insiemi di molti costituenti elementari. Tuttavia solo da qualche decina di anni si è cominciato a capire come certi comportamenti emergenti siano in larga misura indipendenti dai dettagli delle interazioni tra i componenti. È per questo che possiamo parlare di stato liquido, solido e gassoso della materia, a prescindere dal fatto che si tratti di acqua, azoto o altro. Da questa semplice ma profonda osservazione segue la possibilità di spiegare diversi fenomeni naturali in termini molto generali. Quindi la nostra speranza è di poter comprendere gli aspetti fondamentali della materia vivente senza dover necessariamente tenere conto della straordinaria complessità che sembra caratterizzarla».
È così che Maritan ha potuto utilizzare model li di strutture fisiche per lo studio di strutture biologiche, come quelle che governano il metabolismo negli esseri viventi. Senza dover invocare i meccanismi dettagliati del metabolismo, è riuscito a comprenderne un aspetto molto generale presente in tutti gli organismi, da quelli unicellulari ai grandi mammiferi. Il metabolismo per avvenire necessita di un trasporto, ad esempio di metaboliti, di ossigeno e così via. Il trasporto tuttavia richiede un mezzo, come il sangue, che a sua volta fa parte dell’organismo e quindi ha bisogno di nutrimento esso stesso. «Con un po’ di fisica e matematica e senza dover invocare i dettagli, che saranno ben diversi dai mammiferi alle piante, si può allora dimostrare che il metabolismo è legato alla massa dell’organismo da una bellissima legge, nota come legge di Kleiber, la cui origine era del tutto sconosciuta. Un ingrediente fondamentale della dimostrazione è che il sistema in esame, l’organismo, abbia avuto la possibilità di evolvere verso una situazione ottimale: minor massa a parità di metabolismo».
Il fatto sorprendente è che la stessa idea si può applicare anche ad altri sistemi di trasporto, come i bacini fluviali, che sicuramente non hanno le caratteristiche di un sistema vivente. In questo caso l’evoluzione è guidata da fenomeni geofisici, come le inondazioni, che all’epoca della formazione del bacino hanno permesso l’esplorazione di percorsi fluviali alternativi fino a situazioni più stabili, cioè ottimali. Qui sta la chiave: la possibilità di evolvere verso situazioni ottimali. Dopo di che basta un semplice cambio di terminologia per spiegare fenomeni diversi: le proteine assumono forme geometriche derivanti dall’impaccamento ottimale di un polimero; i fiumi si ramificano in modo da dissipare la minima energia gravitazionale; gli organismi viventi, per un dato metabolismo basale, minimizzano la loro massa corporea.
Tutto questo fissa un traguardo storico nella scalata alle vette della complessità e consente di apr ire nuovi capitoli nelle teorie evolutive. Anche se Maritan è prudente nell’indicare conseguenze clamorose: «Lo studio dei comportamenti emergenti in sistemi complessi è solo all’inizio e gli esempi conosciuti sono ancora pochi per poter ricostruire la loro origine. Quello che rende difficile, ma nello stesso tempo affascinante, la comprensione dei fenomeni emergenti è che non sono deducibili dalle proprietà microscopiche dei loro costituenti elementari. È ancora presto comunque per parlare di superamento dei limiti delle teorie evolutive classiche».
«Avvenire» del 17 aprile 2007

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