19 ottobre 2007

Cina, lezione (privata) di capitalismo per i vertici del partito comunista

Una sessione di lavoro del politburo è stata interamente dedicata ai modelli di sviluppo occidentali. Non era mai accaduto
di Fabio Cavalera
In cattedra due capiscuola del neoliberismo. Tra gli allievi presidente e premier
Le regole del commercio mondiale. Le tendenze della globalizzazione. Le sfide tecnologiche. Gli investimenti all' estero. La mobilità del lavoro. Le trasformazioni del mercato. Non era mai capitato che due autorevoli docenti universitari di materie economiche si ritrovassero davanti i «principi» del partito comunista attentissimi ad ascoltare e a prendere appunti. Come diligenti matricole. È accaduto alla fine della scorsa settimana. Lezioni private di capitalismo per «allievi» speciali: il segretario e presidente Hu Jintao, il premier Wen Jiabao e l' intero gruppo che comanda la politica cinese, venti persone, in maggioranza con la laurea di ingegneria in tasca. Una sessione di lavoro del politburo, interamente dedicata «allo studio scientifico» dei modelli di sviluppo della società contemporanea. La Cina è molto rigorosa e attenta alla formazione della sua classe dirigente. Selettiva nei campus d' élite (la Tsinghua e la Beida di Pechino, la Fudan di Shanghai dove insegnano docenti del Mit e di Harvard o di Yale, ma anche della Bocconi e del Politecnico), da qui escono i manager e gli scienziati del domani. Selettiva, lo sta diventando anche nei ranghi del partito e del governo. È cresciuta una tecnocrazia di altissimo livello. Stare al passo è un dovere. Per guidare le sfide e i cambiamenti occorre essere all' altezza del compito al quale si è chiamati. Se Sarkozy rompe gli schemi chiamando Mario Monti e Franco Bassanini alla ricerca delle ricette giuste per il rilancio francese, i cinesi si affidano alle loro migliori risorse per trovare il «tao», la via dell' equilibrio fra il progresso industriale e l' impatto sociale che esso causa. Le domande sono impegnative ma le risposte che richiedono diventano fondamentali per il cammino del Drago: come proseguire lungo la rotta dell' apertura, indicata da Deng Xiaoping? Come tracciare le curve dell' offerta e della domanda sugli scenari mondiali? Quali sono gli effetti delle politiche monetarie? Come impiegare le riserve valutarie che superano la ricchezza di molti Paesi? Come modernizzare le Borse? Come eliminare gli sprechi? In cattedra sono saliti Wang Xinkui e Long Guoqiang, professori con un curriculum lungo mezzo chilometro, pubblicazioni, premi e riconoscimenti. Capiscuola del neoliberismo cinese, studiosi dei flussi commerciali e finanziari internazionali, una vita accademica dedicata all' economia. Il primo ha base a Shanghai, dirige l' Istituto di Studi del Commercio e ha solidi legami con la comunità americana degli affari. Il secondo è ricercatore della Accademia delle Scienze, il Gotha del pensiero sociale cinese. «Maestri» e consulenti del vertice cinese. Il politburo è come la tavola rotonda di re Artù. Lì, attorno al monarca si accomodano i cavalieri, i Carados, i Carot, i Galvano, gli Ivano e i Lancillotto del Lago. È sempre stata la camera dei segreti cinesi. Una volta era l' avanguardia dell' avanguardia proletaria. Oggi è la camera di compensazione di tutte le correnti del pensiero politico: comunismo ortodosso, comunismo riformista, liberalismo, maoismo, confucianesimo, socialdemocrazia. Ed è anche la palestra dove i leader se le cantano e se le suonano, alla cinese. Si racconta, ad esempio, che le disgrazie del segretario comunista di Shanghai - oggi in carcere per corruzione - siano cominciate proprio fra le mura superprotette del politburo. Durante una riunione disse papale-papale che Shanghai sarebbe andata per la sua strada e non avrebbe aspettato che il resto del Paese si armonizzasse con la ricchezza della Perla d' Oriente. Hu Jintao e Wen Jiabao restarono a bocca aperta. Poi mandarono le squadre del dipartimento disciplina e scoprirono il perché di tanta sfrontatezza: il compagno Chen Liangyu e la sua «cricca» avevano messo in tasca una fortuna miliardaria, si erano coperti le spalle. Due giornate di full immersion, di dibattito, di approfondimenti e di ricerche. Le ha chiuse il segretario Hu Jintao. Con un discorso che contiene la summa teorica del «socialismo di mercato», un capitalismo meno aggressivo di quello sperimentato fino ad oggi ma sempre capitalismo: la globalizzazione si affronta con meno lacci burocratici, con più iniziativa, più coraggio, con la sperimentazione, con gli investimenti nella ricerca, con le tecnologie avanzate. La Cina deve guardare meno al capitalismo ad alto contenuto di lavoro e di più al capitalismo ad alto contenuto innovativo. La svolta dei prossimi anni: meno quantità più qualità. E più dinamicità fuori dalle mura di casa. Non è forse un caso che, proprio nelle stesse ore in cui Hu Jintao pronunciava queste parole, cominciava a operare il fondo istituito dal governo cinese per diversificare l' utilizzo delle riserve valutarie. Da sabato, sui mercati internazionali ci sono 200 miliardi di dollari che ballano. È la Cina che studia un capitalismo autoritario adulto e fa la «spesa».
«Corriere della sera» del 2 ottobre 2007

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