04 febbraio 2008

Fisichella: l’Università è diventata un centro sociale

Il vescovo ausiliare di Roma: è stato un oltraggio e un atto di intolleranza che non sembrava possibile
di Luigi Accattoli
«È un oltraggio al Papa, un atto di intolleranza che non si immaginava possibile nella Roma di oggi. Ma è anche un’umiliazione per l’Università la Sapienza che patisce un danno di immagine di fronte al mondo, risultando ostaggio di una piccola frangia di studenti e docenti che si ispirano a un’idea settaria di laicità»: è il commento del vescovo ausiliare di Roma e rettore dell’Università lateranense Rino Fisichella.
Lei è uomo di università: come prende questa notizia? «Il primo sentimento è di tristezza al vedere come una grande università, la più grande d’Europa, viva in un regime di intolleranza di fatto, che la mette in contraddizione con se stessa, cioè con quello che dovrebbe essere un’università: un luogo del confronto più aperto tra le diverse posizioni culturali. Sessanta professori ne condizionano quattromila e un gruppo di studenti emargina un’intera popolazione studentesca».
In questa vicenda «triste» trova qualche insegnamento? «Sì, che ormai viviamo sotto il fattore "i"...».
«I» come informazione, suppongo. Eccellenza se la prende con i media? «No, "i" come ignoranza, come intolleranza e come intransigenza laicista. Intolleranza di un ambiente accademico nei confronti di una persona che fu docente universitario e che è uno dei più grandi teologi del XX secolo. Intransigenza laicista che corre il rischio di sfociare in un fondamentalismo scientista di cui non si sentiva proprio il bisogno. I cultori di questa posizione non vogliono neanche ascoltare chi la pensa in altro modo».
Diceva anche «ignoranza»... «È ignoranza rivendicare la qualifica di "scienza" alle sole materie matematiche e fisiche, come è stato fatto in questa occasione quasi non esistessero le scienze umanistiche ed è ignoranza estrapolare una frase da un testo del cardinale Ratzinger per attribuirgli un atteggiamento di denigrazione di Galileo che mai egli ha avuto».
Non sarà che semplicemente ha vinto una posizione coerentemente laica? «No! Abbiamo assistito a un sopruso di una minoranza facinorosa. Che è poi una vittoria di Pirro, perché il Papa subisce l’umiliazione di non poter andare all’Università ma quella minoranza ha infangato la Sapienza, dandone un’immagine da Centro sociale o da Circolo culturale dei no-global. Io mi auguro che questo triste episodio dia luogo a uno scatto di responsabilità che aiuti al recupero della dignità che spetta a quell’istituzione».
E se di mezzo ci fosse anche un di più di rigore nella predicazione del Papa, che gli attira l’avversione laicista? «Per la predicazione del Papa si può parlare di chiarezza e non di "rigore", a meno che non si intenda il rigore scientifico».
Se la Chiesa si profila sulla scena pubblica non dovrà attendersi di andare incontro a reazioni critiche? «È certo che le dovrà attendere ed è giusto che tali reazioni si facciano sentire, ma questa non è critica: questo è impedimento a parlare».
Quale sarà stata la ragione ultima della decisione del Papa? «Egli è uomo di pensiero e la figura papale è segno di unità. Vedendo che non c’erano le condizioni per ragionare e che la sua presenza diveniva pretesto per violenze, ha scelto di togliere il pretesto».
«Corriere della Sera» del 16 gennaio 2008

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