01 luglio 2008

Dio, il caso e i dadi della scienza

di Francesco Grianti
La recensione sul «Corriere« di ieri di Sandro Modeo al saggio «Le leggi del Caso» di Brian Everitt, mi sollecita ad alcune riflessioni. La prima è relativa alla iscrizione eversiva di Rhinehart nel suo romanzo «L’uomo dei dadi» cui si rifà Everitt nella sua introduzione, iscrizione dove si sostituisce il Verbo con il Caso nel prologo di San Giovanni. Che questo capiti in un romanzo è assolutamente tollerabile, ma quando questo costituisce l’introduzione di un libro che vuol essere scientifico non può più essere tollerato con la stessa benevolenza.
Esiste infatti una differenza sostanziale tra il Verbo di Giovanni ed il Caso di Everitt. Nel primo è racchiusa tutta l’intelligenza immateriale delle leggi fisiche su cui si regge il nostro Universo, e quindi la sua causa prima, mentre il Caso è causa secondaria che rappresenta solo il modo casuale con cui queste leggi possono interagire. L’Universo che si vuol far nascere da una fluttuazione quantistica del vuoto può essere una teoria fisica come tante altre che, finché galileanamente non sperimentate, rappresentano solo delle ipotesi, e comunque, pur accettandola, di quale vuoto vorrebbe parlare? Sarebbe forse un vuoto dove sarebbero già preesistenti le leggi della Fisica? Infatti tutti sanno che le leggi non sono un prodotto dell’evoluzione e di conseguenza dovevano esserci prima del Big Bang, ci sono oggi e ci saranno sempre come tali e con esse tutte le costanti universali quali quella di gravitazione, del quanto di Plank o quella dielettrica. Chi le ha fatte, il Caso?
Nessuno nega l’importanza delle leggi statistiche, ma sappiamo che il gioco dei 100 dadi di Gamow per realizzarsi a Caso impiegherebbe 10 alla 77esima anni e che la molecola proteica del Citocromo-C ne impiegherebbe ben 10 alla 120esima, ma sappiamo anche che l’età dell’Universo è di solo 10 alla decima anni. Come si spiega allora l’esistenza del Citocromo-C? Ma poi, se fosse il Caso a gestire tutti gli eventi del mondo, come mai finora con le sue infinite libertà di azione non ha mai fatto resuscitare neppure una foglia? Come mai non riesce, combinando casualmente atomi e molecole come hanno fatto innumerevoli tentativi scientifici, a costruire un barlume di vita? Ma cosa è la Vita, e non parlo del Dna, se non quel grande mistero contro cui l’uomo si accanisce per trovarne il segreto che non troverà mai? La Vita crea ordine mentre la morte entropica che domina questo Universo lo distrugge; ma questo è un discorso che mi porterebbe troppo lontano per poterlo affrontare ora, per cui vorrei solo concludere con alcune frasi celebri sul Caso. Jacques Maritain: «La realtà esistente è così composta di natura e di Imprevisto (caso); la storia ha bisogno di questi due elementi; un mondo di pure nature non si muoverebbe nel tempo; un mondo di puro imprevisto non avrebbe orientamento». Anatole France: «Caso è lo pseudonimo usato da Dio quando non vuol firmare col proprio nome». La mia, molto più semplice basata sulle mie esperienze di vita , dice che il Caso è il Soffio del Dio Nascosto.
«Avvenire» del 23 febbraio 2008

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