05 agosto 2008

«Ma in Italia venne snobbato»

Intervista di Andrea Lavazza a Vittorio Strada
Parla il grande slavista: l’egemonia culturale della sinistra impedì che la sua opera, negli anni Settanta, producesse l’effetto dirompente che ebbe in Francia. «Fu un uomo di profonda e autentica fede, per lui il cristianesimo ortodosso doveva rigenerare la società russa, devastata da 70 anni di regime»

« Servirebbe un’autocritica di tanta parte della cultura italiana, che consapevolmente non diede risonanza alle rivelazioni sul Gulag fatta da Solzhenitsyn » . Vittorio Strada, slavista insigne, grande conoscitore dello scrittore russo, autore del recente Etica del Terrore. Da Fiodor Dostoevskij a Thomas Mann ( Liberal edizioni), non esita a definire scarsa e debole la recezione nel nostro Paese dell’opera del pensatore scomparso.
Perché l’effetto che Arcipelago Gulag ebbe, ad esempio, in Francia non si ripeté in Italia?
A Parigi l’opera provocò un movimento dirompente, sia nell’élite culturale sia nel grande pubblico: negli anni Settanta del Novecento liberò molte menti ancora prigioniere dell’ideologia comunista. Da noi, l’egemonia culturale del Pci era più sottile e penetrante, tanto che la sottovalutazione o addirittura il rifiuto della sua denuncia avvenne anche da parte di personalità che dal partito si erano staccate, come accadde per il gruppo del manifesto.
Prevalse il pregiudizio favorevole al marxismo- leninismo, che l’opera di Solzhenitsyn metteva sul banco degli imputati. Anzi, non furono pochi coloro che lo accusarono di nostalgie zariste, quando non fasciste, e gli rimproverarono posizioni reazionarie e antisemite.
Il suo recente avvicinamento a Putin potrebbe far pensare a simpatie nazionalistiche e autoritarie...
Bisogna distinguere. Oggi, in Russia, il nazionalismo è il sentimento dominante, nella società come nelle stanze del potere. Ce n’è una forma etnica ( « la Russia ai russi » ), suicida in un Paese multinazionale; e una forma neo- imperiale, venata di rimpianti per l’epoca di potenza staliniana. Solzhenitsyn era totalmente immune da entrambe. La propaganda del Cremlino ha invece creato il mito di un suo appoggio totale all’ex presidente. La preoccupazione dello scrittore patriota era per l’identità nazionale, si interrogava sul problema della sua definizione e ricostruzione. Non possiamo dimenticare che la Russia ha vissuto nel Novecento il crollo di due imperi: quello zarista e quello comunista. I rapporti con le altre etnie, la ' perdita' dell’Ucraina – che per Putin è uno smacco politico, per Solzhenitsyn uno smacco morale – sono importanti temi di riflessione, così come la convivenza con la componente islamica.
Che ruolo ebbe il cristianesimo ortodosso nella vita di Solzhenitsyn?
Fu un autentico uomo di fede profonda e autentica, un credente che considerava il cristianesimo parte integrante della civiltà russa, una componente fondamentale che il comunismo aveva cercato di estirpare. Solzhenitsyn pensava che dal cristianesimo ortodosso fosse necessario partire per la ricostruzione della società russa, devastata da 70 anni di regime. La rinascita del Paese, a suo avviso, non poteva che cominciare dalla rinascita morale, di fronte allo spettacolo dei super- ricchi incuranti del resto della popolazione in miseria, della corruzione, della criminalità.
“Avvenire” del 5 agosto 2008

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