05 maggio 2009

Un'insolita prigione

di Alessio Napoleoni
(vincitore della quarta edizione di “Parole in corsa” 2008)

Da quanti giorni sono qui? Non riesco a ricordare. Mi sento stanco, mi muovo con difficoltà, devono avermi fatto qualcosa prima di buttarmi in questa prigione. Le sbarre creano con il sole uno strano gioco di luci sul letto. Mi chiedo chi sia stato a portarmi qui, strappandomi dalla mia casa. Ricordo solo che è successo tutto all'improvviso. Un rumore, una luce puntata su di me, e poi un uomo mi ha trascinato via. Ho cercato di divincolarmi, ma era molto più forte di me, ho urlato per chiedere aiuto, ma le persone che erano intorno non intervenivano, anzi, sembrano compiacersi dell'accaduto, sorridevano. Non riuscivo a capire cosa stava succedendo. Cosa avevo fatto di male? Passai i primi giorni dopo quel fatto in una stanza dove erano state radunate tante persone che come me sembravano spaesate e distrutte. Cercai di comunicare con gli altri per capire se sapevano cosa ci facevamo qui, ma la mia voce non li poteva raggiungere, poiché eravamo divisi da dei muri invisibili. Durante i giorni di permanenza in quel luogo mi fecero delle particolari visite mediche. Poi due persone mi vennero a prendere. Mi portarono lontano, non so quanti chilometri feci. Alla fine venni condotto qui, in questa cella. Vorrei potermi aprire un passaggio tra queste sbarre, ma sono troppo robuste per poter essere piegate, le mie mani si avvinghiano inutilmente su di esse. Qualcuno si sta avvicinando verso la mia cella, sento un rumore di passi. É una donna. Mi guarda e mi sorride. Poi qualcuno la chiama e lei se ne va. Come posso chiedere aiuto? Se provo ad urlare quelle due persone mi riverrebbero a prendere, prima preferisco sapere con chi ho a che fare. Ho trovato accanto a me uno strano dispositivo, sembrerebbe una ricetrasmittente. Sono ore che sto cercando di farla funzionare, ma senza risultato. Provo a parlare dentro di essa, ma ricevo come risposta suoni senza senso, probabilmente nessuno mi sta ascoltando dall'altra parte. Sta tornando la donna di prima, ma non è sola. Lei si siede su una sedia. Le altre persone invece si avvicinano alle sbarre e cominciano a sorridere, cercano di afferrarmi, hanno braccia lunghe che cercano di superare le sbarre. Ho paura, comincio ad urlare e piangere, le braccia si ritirano, anche le persone dopo aver riso se ne vanno. La donna invece che era seduta invece rimane, appoggia le sue mani alle sbarre. Sono molto stanco, non posso impedire che i miei occhi si chiudano.
Mi risveglio con dei dolori allo stomaco, durano qualche minuto e poi si placano. Non devo stare molto bene in questi giorni. Devo aver dormito parecchio, il sole sembra essere ormai tramontato per dar spazio alla luce della luna piena. Cerco un'altra volta di far funzionare quella maledetta ricetrasmittente, ma senza risultato. Comincio a tirare dei pugni su di essa, come se si potesse pensare che servano a qualcosa a parte sfogare la mia rabbia. Solo dopo mi accorgo che fuori dalla mia cella c'è una televisione accesa che trasmette un film. Sarà che il volume è basso, ma non riesco a capire che cosa stanno dicendo gli attori. Mi soffermo comunque sia a guardare distrattamente la televisione, ma a un certo punto ricominciano i dolori allo stomaco, e questa volta sono più forti, non riesco a trattenere una serie di urli. Un uomo viene a spegnere la televisione, si avvicina alle sbarre e mi guarda con aria schifata. Si allontana, ma poi ritorna quella donna che tante volte in questi giorni mi è venuta a trovare. Mi prende in braccio facendomi uscire dalla cella dall'alto. Mi pronuncia delle parole che non riesco a comprendere, ma penso che intenda cambiarmi il pannolino. Era anche ora.

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