28 luglio 2009

Educare all’amore non al «porre rimedio»

Studio inglese sul flop delle campagne pro-contraccettivi
di Giacomo Samek Lodovici
L’agenzia Aceprensa ha riferito i dati di uno studio, pubblicato dalla rivista scientifica British Medical Journal, circa l’impatto delle politiche inglesi per la riduzione del numero delle gravidanze e degli aborti tra le adolescenti. Questi dati mostrano l’inefficacia della strategia adottata, incentrata sull’incentivazione dell’uso dei contraccettivi. L’effetto ottenuto, infatti, è stato opposto a quello sperato: tra le ragazze di 13­15 anni monitorate per 18 mesi dalla ricerca, quelle che hanno seguito tale programma 'educativo' ha intrattenuto relazioni sessuali precoci nel 58% dei casi, e il 16% di esse ha cominciato una gravidanza; quelle che non lo hanno seguito hanno invece avuto relazioni precoci nel 33% dei casi, e il 6% di esse ha cominciato una gravidanza.
Ovviamente ci saranno diverse cause di questo fallimento. Per esempio, non di rado, queste politiche associano ai contraccettivi un’idea erronea di 'sesso sicuro', quando invece la sua efficacia anticoncezionale non è totale e la difesa nei confronti dell’Aids è tutt’altro che assoluta. Avvenire, del resto, ha già riferito nei mesi scorsi di altri studi scientifici che mostrano come le politiche anti-Aids focalizzate sui preservativi non ne arrestino la diffusione che, anzi, a volte, aumenta: se si trasmette l’idea secondo cui essi danno una protezione assoluta, il risultato (lo ha scritto anche Lancet, un’autorevole rivista scientifica) è l’incentivazione dei rapporti sessuali precoci e disimpegnati, talvolta promiscui, seriali e consumistici.
Ma soprattutto – ecco il punto che ci preme sottolineare – in queste politiche emerge una concezione rinunciataria dell’educazione all’amore e all’affettività, che quasi (e talvolta totalmente) la riduce a mera istruzione sui mezzi per evitare gravidanze e infezioni. Così, molto raramente si insegna che l’amore è progetto, donazione, responsabilità, fedeltà e – in certi casi – rinuncia.
Non solo per il bene altrui, ma anche per il proprio. In questi programmi l’amore è descritto quasi come mera attrazione e/o impulso sessuale irresistibili – e la diffusione di questa idea è un’altra causa della precocità e del degradarsi dei rapporti sessuali stessi –, di cui si possono solo 'contrastare' le conseguenze.
Manca quasi sempre una visione integrale dell’educazione, quella per cui essa deve accompagnare l’interlocutore verso la sua fioritura.
La vera educazione è infatti maieutica, fa appello alla volontà altrui per aiutarla a fortificarsi e per educarla alla libertà, addita l’ideale di una signoria su stessi, sui propri desideri e impulsi, anche (ma non solo) sessuali, non per reprimerli, bensì per assecondarli in modo conforme al bene integrale della persona. Manca, in definitiva, l’idea classica di virtù, parola che oggi suona negativa, perché la si associa a un’autorepressione, quando invece la vera virtù assume le energie delle emozioni, degli affetti e delle passioni, realizza una sintesi con la ragione e con la volontà, porta tutti gli aspetti dell’essere umano a convivere armoniosamente tra di loro. Così, grazie a tale unità delle sue dimensioni, che cooperano verso il suo bene complessivo, l’uomo virtuoso è interiormente forte.
Non è vero che una tale educazione è inefficace. Infatti, programmi educativi di questo tipo sono stati adottati con successo in vari Paesi.
Per esempio negli Stati Uniti: nei luoghi dove sono stati applicati, il numero delle gravidanze precoci è calato del 38 % e quello degli aborti è sceso del 50%. O in Uganda, dove il tasso di infezione dell’Aids è sceso dal 21% al 6%.
«Avvenire» del 28 luglio 2009

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