09 luglio 2009

Il mondo di Facebook. La parola al professor James Katz

di Gaia Pandolfi
“Ci vediamo su Facebook!”. “L’hai visto il video su Youtube?”. Sono frasi che sentiamo ripetere sempre più spesso. Le nuove tecnologie della comunicazione digitale, di cui il telefono cellulare e Internet sono gli esempi più eclatanti, stanno avendo enormi conseguenze a ogni livello della società. Il professor James Katz, presidente del dipartimento di Comunicazione della Rutgers University, giovedì scorso ha tenuto all’Ambasciata americana una lezione sul ruolo che queste tecnologie hanno nel mondo della comunicazione e di riflesso in quello della politica e dei rapporti internazionali.
Come dimostrano i recenti fatti in Moldova, fenomeni come Twitter possono diventare un utile strumento contro le dittature, se quindici mila bellicosi studenti decidono di allearsi, organizzare una rete sul Web per sfuggire alla censura del regime comunista, riuscendo persino a incendiare il Parlamento di Chisinau. Obiettivo centrato grazie alle innumerevoli risorse del Web: oltre all’efficace opera di coordinamento, l’eco delle proteste si è diffusa in tutto il mondo attraverso i video finiti su Youtube. E ha portato anche dei buoni risultati: dopodomani si conteranno di nuovo i voti delle elezioni legislative che il 5 aprile scorso hanno visto la vittoria dei comunisti. Il professor Katz ha raccontato come “la Repubblica di Moldavia non sia un caso isolato. In altri paesi, come la Georgia, l’Ucraina e la Cecenia, i gruppi rivoluzionari comunicano attraverso gli sms, scampando così al controllo del governo”.
Se prima con un messaggio si decideva dove prendere un caffè, ora le nuove tecnologie hanno usi molteplici. Qualcuno, dall’altra parte dell’oceano, ha persino deciso di utilizzarle per sorvegliare studenti più che irascibili. Qualche giorno fa il Washington Post scriveva che nei licei e nei campus universitari statunitensi si usano Facebook e Myspace per cercare di prevenire risse e sparatorie. Osservare i profili dei ragazzi aiuta a capire cosa ne pensano di droga e sesso, individuando così i possibili soggetti pericolosi. Sembra stia funzionando, soprattutto nelle scuole superiori, ma Katz appare scettico: “Un modo per aggirare i controlli gli studenti riusciranno sempre a trovarlo”. Bocciate, quindi, le “cyberronde”.
Secondo il professor Katz, “programmi come Twitter, Facebook e Myspace creano tanti sottogruppi, ognuno dei quali ha i propri valori e i propri interessi. Questi network possono provocare una sorta di emarginazione dal resto della società. Al loro interno si determinano spesso delle membership che rischiano di impedire l’accesso a chi resta fuori”. Ambigue sono le conseguenze che queste nuove tecnologie hanno fra i giovani, soprattutto adolescenti. “Facebook – ci spiega Katz – è diventato ormai una dipendenza per i giovani. Spesso non si esce con gli amici, ma ci si incontra virtualmente in rete”. “Negli Stati Uniti si sta sviluppando un fenomeno singolare. Alcune madri, preoccupate per il tempo che i loro figli passano davanti a Internet, hanno deciso di cambiare identità, si spacciano per i cosidetti “utenti Facebook” e diventano amiche dei propri ragazzi. In alcuni casi le scoperte sono state scioccanti: adolescenti dalle doppie vite che lasciano smarriti i genitori”. Il rischio di generare tante piccole monadi c’è, ma “il contatto fisico e sociale, un abbraccio o una semplice pacca sulla spalla, non sono destinati a scomparire”, ci rassicura il professore, “perché fanno parte della natura umana”. Il giudizio finale non è univoco. Se le nuove tecnologie portano con sé il rischio dell’isolamento, “sono anche un utile veicolo di conoscenze”, ci dice Katz “oltre a ritrovare quegli amici che non si vedeva da tempo (e forse perché si preferiva non vederli), qualcuno ha anche trovato l’amore”.
“Il Foglio” del 13 aprile 2009

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