30 agosto 2009

L’informatica «spinge» tutta la ricerca

Computer ovunque. È il futuro
di Giuseppe O. Longo
Gli sviluppi della scienza e soprattut­to della tecnologia cui abbiamo as­sistito negli ultimi decenni sono do­vuti in buona parte ai calcolatori, o compu­ter. Le discipline che si occupano della co­struzione e dell’impiego dei calcolatori, del­la loro programmazione e del loro collega­mento in rete vanno sotto il nome com­plessivo di 'informatica'. Essa si divide in due grandi settori, dedicati rispettivamente all’hardware, cioè alla struttura fisica, e al software, cioè ai pro­grammi. Un calcola­tore funziona solo se è programmato, e poiché i programmi che possono girare su un computer sono tantissimi, un calco­latore non è una macchina, ma è tan­tissime macchine, che fanno tantissime cose, ciascuna gesti­ta da un diverso programma. Nati intorno alla metà del secolo scorso, i computer hanno compiuto progressi im­pressionanti di potenza e velocità, mentre i costi e le dimensioni si sono ridotti enor­memente. Oggi sono ovunque: non soltan­to nei centri scientifici dove sono adibiti a calcoli di grande complessità (per esempio nei grandi acceleratori di particelle, oppure nei centri di biologia molecolare per il se­quenziamento del genoma), ma anche nei grandi impianti industriali, per il controllo e la regolazione di complicati processi chi­mici.
Essi poi regolano il traffico ferroviario, ae­reo e delle metropolitane, dosano i compo­nenti dei prodotti alimentari, verificano la qualità di molti beni di consumo. Ai calco­latori è affidata la distribuzione dell’energia elettrica sulle reti nazionali e sono i compu­ter che decidono di sospendere l’erogazio­ne in caso di incidenti o di sovraccarico. Gli aerei di linea sono dotati di raffinati impianti di pilotaggio automatico gestiti da calcola­tori e ai calcolatori sono affidati il lancio, la navigazione e l’atterraggio dei veicoli spa­ziali.
Ma anche i veicoli più ordinari, le automo­bili, sono governate da computer piccoli e potenti, che regolano il flusso di carburan­te in base alle condizioni di marcia per ot­tenere il massimo rendimento e forniscono al conducente una quantità di informazio­ni utili, dal consumo istantaneo all’itinera­rio più conveniente. I computer sono indi­spensabili nella progettazione architettoni­ca e ingegneristica di edifici, macchine, stra­de, ponti e stanno già entrando nelle nostre case per regolarne tutte le apparecchiature, funzioni e condizioni, dalla temperatura al­la cottura dei cibi. Tutte queste applicazio­ni e molte altre sono consentite dagli straor­dinari progressi della microelettronica, per cui il numero di transistori per chip rag­giunge oggi i due miliardi. Ma sono in vista altri progressi: riduzione delle dimensioni dei componenti elementari e impiego del carbonio in luogo del silicio come elemen­to base, con un ulteriore aumento della ve­locità e della potenza. Ci si può domandare perché si voglia dota­re i computer di una potenza sempre mag- giore: in parte ciò risponde agli impieghi sempre più impegnativi dei computer, ma in parte è un’esigenza commerciale, perché o­gni progresso rende obsolete le macchine e costringe gli utenti ad acquistarne sempre di nuove. Nella tecnologia informatica, come nell’ambito dei telefoni cellulari, da tempo l’offerta supera largamente la domanda.
Altre utilizzazioni riguardano l’intelligenza artificiale (IA), una disciplina che prende il computer a modello della mente umana e si propone di stilare programmi che, giran­do nella macchina, inducono comporta­menti 'umani'. Tra i successi dell’IA annoveriamo la ri­soluzione di pro­blemi di matema­tica e di logica, la costruzione di pro­grammi scacchisti­ci che oggi riesco­no a battere anche i grandi maestri, la rappresentazione delle conoscenze, la pianificazione automatica, l’apprendi­mento. Se al computer si fornisce un corpo artificiale, aprendo la strada ai robot, allora l’IA si può estendere alla percezione, alla co­municazione in base a codici condivisi, al­l’azione in ambienti particolari e così via.
La ricerca attuale in IA si orienta verso la co­struzione di 'algoritmi genetici', che ven­gono generati a caso e poi vagliati in base a criteri di efficienza, imitando un po’ i mec­canismi darwiniani di selezione. I risultati sono piuttosto promettenti nel progetto di particolari dispositivi, per esempio le an­tenne elettromagnetiche. È opportuno sot­tolineare come i computer siano utilissimi anche nella progettazione di computer mi­gliori, in una sorta di circolo virtuoso che si autoalimenta.
Un’altra direzione di ricerca in IA riguarda la rappresentazione delle emozioni: nell’uo­mo le capacità cognitive (razionali e com­putanti) sono stretta­mente intrecciate agli a­spetti affettivi, mentre l’IA finora ha costruito programmi puramente co­gnitivi, privi di connotati emotivi. I ricerca­tori stanno tentando di comprendere e ge­nerare nelle macchine stati emotivi per il momento simulati, ma riconoscibili dall’e­sterno, e in futuro soggettivamente perce­piti da una sorta di 'coscienza artificiale' che rappresenta per ora l’orizzonte ultimo della ricerca.
Un traguardo più vicino è quello della com­prensione dell’umorismo e della sua ripro­duzione nelle macchine. La capacità di ri­dere è una caratteristica unicamente uma­na, le cui pieghe sono ancora da scanda­gliare. L’umorismo computazionale potreb­be fornirci indicazioni preziose sullo spirito e sulla comicità, e potrebbe essere utile al miglioramento del rapporto comunicativo uomo-macchina. In effetti oggi la comuni­cazione con il computer, che è rigido e piut­tosto 'stupido', è faticosa e poco diverten­te. Una macchina dotata di senso dell’umo­rismo e di un grano di follia sarebbe per noi molto più soddisfacente. Ma a quel punto potremmo decidere di comunicare solo con le macchine, che sarebbero comunque me­no esigenti degli essere umani e non ci por­rebbero tanti problemi... Ma è una prospet­tiva piuttosto inquietante.
«Avvenire» del 29 agosto2009

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