07 settembre 2009

Ben-Hur: 50 anni sulla biga dei record

di Franco Gabici
La storia del cinema è fatta anche di sequenze indimenticabili e sicuramente un posto di primissimo piano in questa speciale enciclopedia di celluloide spetta alla famosa «corsa delle quadrighe» di Ben-Hur che ancora oggi, dopo mezzo secolo, suscita emozioni e regge il confronto con le pellicole dell’ultima ora, costruite su effetti speciali e altre tecnologie sofisticate che mezzo secolo fa erano impensabili. L’appassionante corsa nel circo fra i cavalli bianchi e neri condotti rispettivamente da Giuda Ben-Hur (Charlton Heston) e da Messala (Stephen Boyd) compie infatti cinquant’anni, avendo fatto la sua comparsa negli schermi americani il 18 novembre del 1959 (in Italia il film fu proiettato a partire dal 21 ottobre dell’anno successivo) sfruttando come unico effetto speciale il cinemascope, uscito per la prima volta nel 1953 con La tunica. Questa famosissima corsa può essere considerata un film dentro al film e dello stesso parere furono anche quelli della Metro Goldwin Mayer che per realizzarla allestirono un set speciale (erano chiamati «seconde unità») affidato alla regia di Andrew Marton e di Yakima Canutt, affiancati da uno sconosciuto Sergio Leone che si stava facendo le ossa al tempo dei kolossal girati a Roma, chiamata allora la «Hollywood sul Tevere». La «corsa delle quadrighe», però, deve moltissimo a un personaggio straordinario. Nessuno ne ha mai parlato perché quando si ricordano le curiosità della lavorazione di Ben-Hur si è sempre indicato Angelo Lombardi come l’esperto di animali.
Qui non vogliamo di certo togliere nulla al lavoro di Lombardi, ma ci sembra doveroso dare il giusto merito a chi pazientemente addestrò i cavalli della famosa corsa delle quadrighe. Si chiamava Pietro Marra, e si era costruita una fama a Cinecittà come stuntman e soprattutto come addestratore di animali. Persona buona e mite, Marra era una specie di San Francesco del cinema che dava del tu agli animali e gli animali gli obbedivano. Marra compare una volta nel film, senza parlare: è l’auriga che si prende la sgridata dallo sceicco perché maltratta i quattro cavalli bianchi. Ottenuta la piena fiducia dalla Metro, Marra girò tutta Europa e alla fine trovò in Jugoslavia i cavalli coi quali formò le nove quadriglie che si vedono correre nel film e che addestrò con pazienza per quasi tutto l’inverno del 1958.
Marra, però, aveva provveduto ad acquistare una sessantina di cavalli, perché in caso di azzoppamento di qualche animale avrebbe avuto a disposizione un sostituto.
Ovviamente delle nove quadriglie sono rimaste nella memoria del grande pubblico quelle composte dai cavalli bianchi e neri.
Dei quattro bellissimi cavalli bianchi, di pura razza Lipizzano, si ricordano anche i nomi, presi a prestito dalle stelle: Aldebaran, Altair, Antares e Rigel. Ma Ferdinando Marra, che per tanti anni ha lavorato come controfigura accanto al padre Pietro, racconta un particolare poco conosciuto. Delle nove quadriglie, quella composta dai cavalli grigi era la più forte.
I quattro cavalli erano una vera forza della natura e furono affidati all’auriga romano Otello Capanna, unico in grado di guidarli e soprattutto di tenerli a freno. Durante gli addestramenti, infatti, i 'grigi' scattavano sempre nelle prime posizioni e prendevano un vantaggio di mezzo giro su tutti gli altri, ma per esigenze di copione i protagonisti dovevano essere i 'bianchi' e i 'neri'.
Il regista William Wyler, inoltre, non era soddisfatto dell’allineamento dei cavalli prima della gara e ordinò a Marra di trovare una soluzione. E per soddisfare il regista, Marra utilizzò un robusto filo da pesca che attraversava i morsi dei cavalli. Grazie a questo stratagemma i 36 cavalli si muovevano tutti assieme come se facessero parte di un’unica grande quadriga. Wyler ne fu entusiasta.
Chi ha visto il film, ricorderà che durante la corsa Charlton Heston a un certo punto trova la pista sbarrata da una biga. L’attore viene sbalzato fuori ma subito dopo ritorna sulla biga con uno scatto fulmineo. In realtà si tratta della stessa scena girata prima normalmente e poi a rovescio. Sulla biga, in realtà, si trova la controfigura John Canutt, figlio di Yakima, che per l’occasione porta sul viso una maschera di gomma che riproduce il volto di Heston. Pietro Marra, lo straordinario addestratore dei cavalli di Ben- Hur , moriva a Ravenna dieci anni fa, nel dicembre del 1999, e due anni prima aveva vissuto momenti di apprensione durante l’assegnazione degli Oscar, perché temeva che Titanic, il kolossal di James Cameron interpretato da Leonardo Di Caprio, avrebbe potuto insidiare il record degli undici Oscar da sempre appartenuto al 'suo' Ben-Hur. Titanic riuscì solamente ad eguagliare il record e in tempi recenti anche Il ritorno del Re di Peter Jackson si è fermato sulla soglia delle undici statuette.
Nessuno, dunque, è riuscito a superare Ben-­Hur e sicuramente dentro a uno degli undici Oscar è racchiusa la straordinaria professionalità di Pietro Marra, che col suo umile e paziente lavoro ha saputo offrire alle platee di tutto il mondo una delle sequenze più straordinarie della storia del cinema.
«Avvenire» del 6 settembre 2009

2 commenti:

Unknown ha detto...

Bellissimo film e la corsa dei cavalli è una scena straordinaria

Anonimo ha detto...

Che bello questo articolo!!!