31 ottobre 2009

Le cose ultime non sono stagionali

L'eterna domanda dell'uomo sulla morte
di Roberto Mussapi
Halloween si svela nel defilé
Leggo che Halloween deve e intende cambiare, da quest’anno: «Ci sono tutti i presupposti per trasformare la notte delle streghe in un evento fashion», ha fatto sapere Clara Tosi Pamphili, direttrice didattico dell’Accademia di costume e moda. Che prosegue: «Consigliamo capi grunge e un trucco più simile a modelle che a zombi, goffi e poco eleganti, magari con un ombretto rosso sotto l’occhio». Ci sono giornali che ne scrivono. E così apprendiamo come la festa delle zucche vuote intenda cambiare look, essendo impossibile riempire la zucca. Da Tim Burton a Vuitton, è una sfilata di firme.
Per contribuire alla celebrazione dei morti viventi, immagino. Halloween si svolge durante la celebrazione dei santi e dei defunti. Anzi, è stata inventata per quella festività, non avendo una reale tradizione ed essendo frutto di una trovata. Halloween smercia all’interno della meditazione cristiana sui morti (e quindi sulla Morte, sulla Resurrezione, sulla Vita Eterna) elementi che nulla hanno a che vedere con la riflessione, drammatica, del cristianesimo in materia. Ciò che è grave è l’invenzione, la trovata, che banalizza altre visioni della morte e del mondo dopo la morte, che informano religioni con grande spessore e potenza metafisica. L’animismo africano si innerva su una relazione vivi­morti di straordinario spessore dal punto di vista della ricerca dell’assoluto. Anche il mondo celtico – pur ormai recepito in Occidente soprattutto nelle sue versioni caramellose e pasticcione – affrontava seriamente la questione. Per non parlare degli Egizi, con la rinascita nel Sole, e della tragica visione del buio oltretomba dei Greci. Non esiste solo la visione cristiana, che comunque è quella (almeno) del mondo occidentale, e non merita di essere disturbata con strani festeggiamenti. È che la questione è la più drammatica dell’esistenza, e da quando esiste, l’homo religiosus ne resta attonito, e poi ne elabora una visione.
Consiglierei ai lettori di immergersi nei Sepolcri, il capolavoro di Ugo Foscolo: è straordinario, straziante e magnifico il volo con cui un uomo formalmente non credente nella vita eterna, almeno nell’accezione cristiana, si lanci verso l’alto e l’orizzonte, quasi forando la cappella Sistina e facendo parlare le epigrafi dalle tombe, per cercare durata oltre la morte, nella memoria e negli affetti, una comunione dei perduti. Un caso di slancio metafisico e poetico altissimo in una prospettiva stoica, terrena, apparentemente non trascendente, che il poeta sogna di superare, pur aderendovi, e che, nei versi, trascende. Questo è il genere di materia con cui confrontarsi, se si ritiene, quando si pensi ai Morti. L’impresa che ogni uomo affronta di fronte alla questione della sua vita stessa. Non si scherza, quindi, non si bamboleggia. Se Halloween fosse la manifestazione di un pensiero sulla morte differente da quello cristiano, meriterebbe di essere considerata con giusta attenzione. Se non parliamo di amore e morte, di che cosa parliamo? Ma non è nulla di simile, è una forse involontaria parodia del dramma dell’uomo. Ora la nuova tendenza, non sappiamo se sperata o destinata ad affermazione, ci offre la più inoppugnabile conferma: Halloween, per esistere, ha bisogno della moda, del rossetto delle modelle, del mondo dell’apparenza. Che non demonizzo, primo perché in Italia è proibito, secondo perché è anche una seria attività artigianale e industriale, e porta lustro e benessere al nostro Paese. Purché sia considerata tale, e non il tempio del sapere, la moderna Biblioteca di Alessandria. Halloween svela il suo destino: svezzarsi dagli zombi grossolani e diventare una vera sfilata. Di moda. Ma la domanda dell’uomo sulla morte non è mai stata, e quindi non è mai passata, di moda.
«Avvenire» del 31 ottobre 2009

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