08 ottobre 2009

Libertà e regole le sfide di Internet

Degli Antoni: la Rete è in cambiamento continuo impossibile imbrigliarla, salviamo almeno la privacy
di Diego Motta
Si chiude oggi a Pisa l'Internet governance forum italiano, che ha discusso della futura gestione della Rete In che modo la necessità di uno sviluppo regolato si coniuga con le esigenze di Facebook, Twitter & C.?
La rivolta di piazza in Iran, il successo di Oba­ma nella corsa alla Casa Bianca, i tentativi di censura di Pechino ai Giochi del 2008: non c’è fatto della storia recente che non sia stato antici­pato, raccontato e commentato su Interneto o ab­bia avuto Internet stesso come protagonista. Tut­ti «filtrano» tutto: informazione e dossier riserva­ti, scoperte e business, amicizia e crimine. Solo nell’ultimo mese, per dire, Facebook, il social network più cliccato al mondo, ha superato la soglia dei 300 milioni di i­scritti mentre è nato il pri­mo motore di ricerca mu­sulmano. « La ragione di questo successo è sempre la stessa: l’uomo», sinte­tizza Gianni Degli Anto­ni, professore di Infor­matica applicata all’Uni­versità degli Studi di Mi­lano, già direttore dell’I­stituto di Cibernetica dal 1977 al 1985. « Adesso è come se su Internet fosse in atto una mutazione genetica: la Rete è l’utente e viceversa. E chi pro­getta e organizza i contenuti, al contrario, conta sempre di meno». Da un lato c’è l’opportunità u­nica di comunicare con il mondo, dall’altro il ri­schio di utilizzare questa libertà in modo irre­sponsabile. È possibile uscire da questa eterna con­traddizione?
E come? La rivoluzione che, almeno da 20 anni, appassio­na gli addetti ai lavori e da un decennio ha cam­biato relazioni e abitudini della società occidentale (e non solo) è stata in questi giorni all’esame del­­l’Internet governance forum italiano, che si è a­perto lunedì a Pisa e si chiuderà oggi.
Professor Degli Antoni, il dibattito sul governo di Internet è aperto da tempo. Nell’ultima settimana si è parlato della possibilità che l’Icann, l’or­ganismo che assegna i maggiori domini Internet, possa passare dal controllo del governo Usa a un’autorità indipendente. Che ne pensa?
Penso che la partita sulla gestione della Rete non debba distrarci dalla vera sfida che abbiamo da­vanti. Interrogarsi sulla governance è importante, ma un conto è il monitoraggio sugli indirizzi web, senz’altro efficace e utile, un altro è comprendere quel che sta succedendo. Internet oggi è un feno­meno che cambia di minuto in minuto, è la cre­scita esponenziale delle comunità dentro altre co­munità, è una miriade di linguaggi che nascono e insieme identificano gruppi diversi. Senza questa premessa epistemologica, qualsiasi ragionamen­to sulle regole è inutile.
Non c’è il rischio che un eccesso di libertà nella produzione di idee e contenuti possa essere con­troproducente anche per gli stessi utenti?
Le rispondo con un’altra domanda: è possibile con­trollare qualcosa che si moltiplica in continuazio­ne? Che si tratti di contatti, di relazioni o di sem­plici applicazioni informatiche, la crescita cui stia­mo assistendo è così forte che pensare di imbri­gliarla non ha senso. Mentre noi stiamo parlando, circa 250mila persone stanno giocando a poker online. Possiamo fermarli? No. Ciò non vuol dire che non debbano essere pensati strumenti rego­latori e autoregolatori.
In quali casi?
Pensi solo al fenomeno delle banche dati in Rete: i nostri nominativi circolano in continuazione, per di più a nostra insaputa. Una protezione va data e lo stesso discorso vale per quelle persone, gli au­tori, che utilizzano Internet per veicolare i propri contenuti originali. Nello stesso tempo, va garan­tito l’accesso a banda larga a tutti, mentre è ne­cessario evitare una diffusione eccessiva dello stru­mento delle e-mail, come dimostra il fenomeno negativo dello spamming. Detto questo, però, bi­sogna evitare il rischio opposto, quello dell’ecces­so di legislazione che si trasforma, fatalmente, in burocrazia.
A dir la verità, la capacità, soprattutto dei giova­ni, di utilizzare la Rete aggirando con fantasia e furbizia i possibili ostacoli, sembra scongiurare lo scenario di un gigante che domani abbia le mani legate.
Le comunità virtuali si potrebbero paragonare al­le catacombe. In questo senso, i giovani già stan­no anticipando, dagli Usa alla Cina all’Africa, quel che potrà succedere. Non sono più solo utenti, ma produttori, sono liberi e anarchici eppure porta­no cultura e innovazione. Quando decideranno di uscire allo scoperto, la loro rivoluzione sarà com­pleta.
A questo proposito, come si può rispondere alla sfida educativa che, tramite la Rete, le nuove ge­nerazioni stanno lanciando?
Su Internet è tutto più semplice. La ricetta è quel­la della cooperazione e della collaborazione. Un adolescente che naviga online risponde in fondo a un bisogno di libertà. Per tornare alla metafora delle catacombe, egli vive in comunità virtuali sot­terranee, eppure sempre più grandi. Per conoscerlo e incontrarlo, bisogna pensare a un percorso che porti il più in fretta possibile dal virtuale al reale. Per questo, credo che i tempi di uscita dalle cata­combe saranno molto brevi.
«Avvenire» del 7 ottobre 2009

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