28 novembre 2009

Scoprire attorno a lui pure chi non ti aspetti

Il Papa e gli artisti: una settimana dopo
di Davide Rondoni
Negli
Dopo l’incontro del Papa con noi artisti in Cappella Sistina sabato scorso sono uscite molte reazioni. Il fatto ha avuto grande imponenza proprio nella semplicità con cui si è svolto e nella forza elementare del suo messaggio. Il Papa, in sintesi, ha offerto l’amicizia della Chiesa agli artisti contemporanei in nome della ricerca della bellezza. Non si è messo a chiedere a nessuno l’adesione a un programma estetico o a una ideologia sull’arte o sullo stile. E anche se qualcuno – compresi alcuni media italiani – ha provato a snobbare l’evento, la sua importanza si è affermata grazie alla forza della proposta del Papa e alla accoglienza che ha trovato in chi ha partecipato direttamente all’incontro e in tanti a cui è stato riportato o ne hanno saputo. Molte reazioni, dunque. Oltre a quelle più banali e superficiali intorno agli elenchi di chi c’era e non c’era – sport praticato spesso da chi non ha molti argomenti sull’essenziale – si sono avute le reazioni di taluni che gradirebbero tali ritrovi solo destinati ai cattolici o cristiani 'doc', di altri che, pur lontani dalla fede si sono sentiti a casa, e infine di altri che si sono stupiti, con una punta di irritazione, del fatto che artisti lontani da posizioni cristiane abbiano accettato l’invito. A tutte queste reazioni verrebbe da rispondere, scimmiottando un sempreverde modo di dire: 'E’ la Chiesa, bellezza!'. Sì, perché sembra, in un certo senso, che taluni scoprano ora con sorpresa che la Chiesa è cattolica. Ovvero portatrice di una esperienza che c’entra con tutto, che è aperta a tutto e che dialoga con tutto. Il fatto che gli artisti contemporanei accettino l’invito che viene da Benedetto XVI, proprio dal Papa che taluni insistono a dipingere come se fosse un tetro passatista, può dare fastidio solo a chi non conosce né questo Papa né cosa è la natura cattolica della Chiesa. Fa quasi sorridere. E da la misura di quanto in campo culturale siano attive certe pigrizie intellettuali, certi schemi. Pigrizia e schemi, appunto, che fatti come quello di sabato scorso mettono in crisi. Lo scandalo dei benpensanti è sempre dovuto al fatto che la Chiesa non la pensa come loro. E quello dei moralisti è dovuto al fatto che la Chiesa non la pensa come loro.
Nella iniziativa di sabato, voluta acutamente da monsignor Ravasi, e condotta da papa Benedetto secondo l’essenzialità della sua proposta, è andato in scena, per così dire, un carattere distintivo della esperienza cattolica. Solo una pubblicistica disinformata e spesso faziosa, o la deriva clericaleggiante in certuni ambienti, può dipingere la Chiesa come accanita e intenta a stabilire confini, ad alzare steccati, a stilare codici sulla base dei quali definire chi può star dentro e chi deve star fuori. La forza di una presenza che forse unica al mondo riesce a convocare e non ha paura di dialogare con i ricercatori del bello si deve alla natura cattolica e non ideologica della Chiesa. In altre parole, la Chiesa essenzialmente non ha 'idee' da difendere, ma una esperienza da comunicare a chiunque. Il che non significa un atteggiamento che non sente le differenze, che non usa il giudizio per leggere i segni e le azioni, o una specie di 'volemose bene' generico e formale. La natura della Chiesa la si capiva molto bene sabato guardando tutti noi in Cappella Sistina. Uno ha parlato, ha proposto. L’ospite ha offerto la sua amicizia. Non ha detto, di fronte a un gruppo che più eterogeneo non si può: chi ha certe caratteristiche stia qui, gli altri si accomodino in fondo all’uscita. Può sembrare strano a chi non sa o finge di dimenticare cosa è il cristianesimo. Ma sembrava di vedere proprio come al tempo di Gesù: gente di ogni genere intorno a Lui, quelli che non ti aspetti, quelli che chissà perché, quelli pensosi e quelli che già gli sorridono gli occhi …
«Avvenire» del 28 novembre 2009

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