18 novembre 2009

Se a noi che siamo teatro il «Gf» comincia a piacer meno

La parodia cresce, l'originale cala. Ma la tv non è tutta la realtà
di Davide Rondoni
Ma l’Italia è quella roba che si vede al Grande Fratello? In molti se lo chiedono.
Soprattutto ora che il reality zio di tutti i reality va malino e mentre a crescere è la parodia che ne fanno i simpatici guasconi della Gialappa’s. Insomma, sembra che al peggio dell’esibizionismo non ci sia fine. La irrisione dell’esibizionismo è anch’essa una forma addirittura un po’ masochista di esibizione? Gli italiani, noi, dunque siamo così? Siamo ridotti così? In molti lo pensano. E dicono che quel che si vede, come tipo di homo italianus, è il tipo medio. E che in giro per ipermercati, autogrill, stazioni o vari ritrovi italici, le scene che si vedono non sono lontane in quanto a 'tasso di buon gusto' da quel che si vede nella Casa più spiata d’Italia.
La tv, dunque, non fa che ritrarre come siamo. E con questo ritornello, in genere, si quietano le coscienze di coloro che ci ammanniscono questi programmi e con essi si arricchiscono. Ma la faccenda è un po’ più complessa. Gli italiani (lo sostengo da sempre) sono un tipo di gente che ama il teatro. Non nel senso che accorrano ad abbonarsi in folla alle stagioni, anzi. Ma hanno (abbiamo) addosso quel miscuglio di amore al bello e vanità, di senso drammatico ed esibizionismo, che rendono le nostre vite un po’ come sempre su un palco. Alcuni di certo esagerano, e non solo in tv. E dunque è facile imbattersi un po’ ovunque in scene e scenette, con parecchie inevitabili cadute di buon gusto. Avere un animo teatrale, infatti, non coincide se non a costo di un po’ di educazione, con avere poi un senso dignitoso della scena. E l’educazione, come si sa, sta scarseggiando.
Però va ricordata assolutamente una cosa. La tv non è Dio, anche se taluni suoi protagonisti sembrano pensarlo. E così come la fama non ha per niente il sapore inimitabile dell’eterno (essendone una brutta malacopia), così anche l’occhio della tv è limitato, non è come quello onnivedente del Padreterno. E dunque, per quanto l’occhio della telecamera si metta a frugare ovunque, non sarà mai capace di farci vedere tutta la realtà. Nemmeno tutta la realtà di quella cosa, tutto sommato piccola nell’universo, che è il popolo italiano. La tv seleziona, eccome.
Sceglie cosa far vedere e cosa no. E mostrando certe cose invece di altre, può finire per abituarci a notare in giro certe cose più di altre. Ci rende più sensibili a certe cose invece che ad altre.
A furia di farci vedere 'truzzi' (o come li chiamate voi i tipi grossolani?) si finisce per notare in giro un sacco di truzzi, e di ridurci a questa presa d’atto della realtà.
La tv non è un ente anonimo ma è in mano a certi autori di programmi, certi direttori di rete e produttori che hanno nome e cognome, e vanno ricordati.
Costoro vogliono farci vedere e renderci sensibili a certe cose invece che ad altre.
Probabilmente, se ci facessero vedere altro, vedremmo che in Italia ci sono un sacco di giovani anche (e forse di più) 'non truzzi'. Forse se ci facessero vedere più farfalle, noteremo di più le tante farfalle che ci sono.
Il fatto è che la tv non rappresenta tutta la realtà. Dice di farlo, i suoi uomini dicono di farlo, ma non è vero, non può essere vero. In quello schermo, per quanto grande, ci sta poca roba. E se non è la migliore, non occorre cedere alla presunzione che i capi della tv hanno per giustificare la loro sedia e i loro stipendi: di essere semidei che vedono e fanno vedere tutto. No, scelgono. Eccome se scelgono. E a noi tocca giudicare come.
Sul grande fratello, ad esempio, il giudizio è calato.
«Avvenire» del 18 novembre 2009

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