23 dicembre 2009

Se lo scrittore ritorna in provincia

Sempre più numerosi i trentenni che scrivono delle nostre periferie
di Paolo Di Stefano
Gli scrittori ritornano in provincia. Sono numerosi, secondo Alberto Asor Rosa (la Repubblica, 15 dicembre), i trentenni che raccontano le nostre (le loro) periferie. Asor Rosa intravede tre filoni nella nuova narrativa.
Primo: quello di ispirazione giornalistico-documentaria, modello Saviano, che «inaugura un "genere" in cui l'intreccio di realtà e d' immaginazione è spinto al più alto livello». Ma il verbo («inaugura») sembra trascurare il fatto che lo stesso «genere», il reportage narrativo, fu quasi canonizzato negli anni Sessanta da Truman Capote (che lo chiamò nonfiction novel) e che in varie declinazioni è stato sperimentato in Italia da tantissimi scrittori, da Malaparte a Carlo Levi, da Pasolini a Sciascia, da Parise alla Fallaci a Ceronetti (con mescolanze variabili, ovviamente, a seconda della singola personalità), fino alla generazione di Sandro Onofri, Bettin, Veronesi, Deaglio, Corrias e altri ancora.
Secondo filone, quello allegorico-immaginario: «storie apparentemente reali, che però trascendono decisamente quella che, con una vecchia terminologia, potremmo definire la collocazione storica del racconto», modello Paolo Giordano, per intenderci.
Terzo filone: quello da cui emerge l'«antica Italia», cioè il mondo della provincia. Andrebbe precisato che molto spesso questo filone coincide con il primo (vedi molti libri della bella collana «Contromano» di Laterza): del resto, lo sguardo acuminato sulla provincia (con soluzioni stilistiche anche molto originali) appartiene più alle generazioni precedenti: Silvia Ballestra dal ' 91 ha raccontato microcosmi giovanili marchigiani, prima di lei venne il Tondelli di Rimini e dintorni, poco dopo venne il Brizzi di Jack Frusciante. Lo stesso «giallo» è spesso concentrato su luoghi periferici. Ma soprattutto, in questa tendenza Asor Rosa inserisce giustamente una grande maggioranza di scrittori meridionali: oltre a Filippo Bologna e Christian Frascella (che meridionali non sono), il palermitano Giorgio Vasta, il pugliese di Martina Franca Mario Desiati, la sarda di Cabras Michela Murgia, le napoletane di Napoli Valeria Parrella e Rossella Milone, il barese Nicola Lagioia, Rosella Postorino di Reggio Calabria. Non è questo, per caso, il dato più interessante? Asor Rosa lo saprà bene, visto che sulle orme del grande Dionisotti da tempo legge la nostra letteratura nel rapporto vitale tra geografia e storia. Il baricentro geografico della letteratura di questi anni si è indubbiamente spostato verso Sud. Ce lo dicono, per una volta, anche le classifiche: i nomi si conoscono. E lo testimonia tra l'altro un utile saggio di Daniela Carmosino, intitolato Uccidiamo la luna a Marechiaro (Donzelli). Dove si mettono a fuoco le discontinuità dei nuovi narratori rispetto alla tradizione meridionalistica, ma anche rispetto ai luoghi comuni del paradiso turistico e, in antitesi, dell'arretratezza e dell'inferno criminale. Piaccia o no, c'è anche, nei romanzi, il Sud globalizzato, postmoderno, tecnologico, una miscela molto creativa di vecchio e nuovo narrata senza furori moralistici e senza facili incantamenti.
«Corriere della Sera» del 22 dicembre 2009

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