08 gennaio 2010

2010: un mondo comunista...

Inserto di un quotidiano russo di 50 anni che immaginava il futuro trionfo mondiale del socialismo reale
di Giovanni Bensi
Mosca. Come si vive nel 2010? Semplice: in tutto il mondo è ormai co­struito il comunismo e dovunque si vive in un’atmosfera di illimi­tata felicità. Non vi sono più go­verni, né soldi, né economia di mercato: al suo posto vi è un’ « economia popolare » e lo scambio in natura. La guerra fredda è da gran tempo dimenti­cata. La vita non è turbata da problemi economici e sociali. La criminalità è estirpata. Tutto il la­voro manuale viene compiuto dalle macchine. La gente si occu­pa solo del progresso tecnico­scientifico e della conquista del cosmo. Tutte le preoccupazioni materiali sono da gran tempo dimenticate.
Tutto questo veniva annunciato in un numero speciale, « avveni­ristico » , del giornale sovietico Komsomolskaja Pravda pubbli­cato come supplemento all’edi­zione ordinaria il 31 dicembre 1959. Si immaginava che il nu­mero speciale fosse quello che sarebbe apparso il 1 gennaio 2010, cioè 50 anni dopo, ed era concepito come una serie di re­portage sul capodanno nella so­cietà comunista. Ora quel sup­plemento è stato riproposto in appendice dalla Komsomolskaja Pravda di oggi, che non è più, come quella di mezzo secolo fa, l’organo della gioventù comuni­sta sovietica. A rileggerli adesso, quegli articoli fanno un effetto strano: non si capisce bene se siano una presa in giro ( cosa non raccomandabile nell’Urss del 1959), oppure un macroscopico modello di quella propaganda ingenuamente puerile che era così caratteristica dell’Unione Sovietica.
Ma sarebbe poi stato così felice il « paradiso » comunista? Dagli arti­coli ' avveniristici' della Komso­molskaja 1959 si deduce che la società nel 2010 è ormai una sor­ta di falansterio universale dove non c’è nessuna forma di pensie­ro, tranne quello tecnico- scienti­fico. L’unica discussione « ideolo­gica » che viene ricordata è quella sull’abolizione dei « pronomi e­goistici » : « io » , « tu » , « mio » , « miei » , « tuo » ecc. che indicano la « sopravvivenza di relitti della mentalità privatistica » . Niente « io » , ma soltanto « noi » , nessun « mio » , ma solo « nostro » . Inter­viene un « professore » che fa no­tare come non si possa dire « la nostra fidanzata » , ma, ovviamen­te, solo « la mia » . « La discussione – scrive il giornale avveniristico – continua appassionatamente » : contenti loro… Nell’articolo di fondo, « Mosca a Capodanno » , sono ricordate le principali ca­ratteristiche di questa società: tutta la proprietà è « pubblica » , cioè di Stato, esistono le automo­bili, ma neppure esse saranno proprietà privata. Non hanno chiavi, cioè non si possono chiu­dere: chiunque può sedersi sulla prima macchina che trova per strada e andarsene per i fatti suoi, lasciandola poi dove più gli aggrada. In compenso si possono noleggiare gratis elicotteri. A proposito di chiavi, neanche le case e gli appartamenti ne hanno più, tutte le porte sono comple­tamente aperte perché « regna la più grande fiducia tra gli uomi­ni » . Chiavi e lucchetti si possono ammirare solo al museo storico, dove sono conservati « come vec­chi simboli di proibizione » .
Nel 2010, secondo la Komsomol­skaja di 50 anni fa, si fa la spesa gratis e vi è « una grande quantità di prodotti di consumo » , cosa che, ahimé, non si può dire del 1959- 1960. Quasi a compensare la penuria di quegli anni, con ne­gozi sforniti e generalmente sciatti, così si immagina un ne­gozio moscovita del 2010: « Un e­norme edificio monumentale, circondato in basso da una fascia di vetro di due piani, per tutta la lunghezza del quale corre la scritta ' Prodotti alimentari' » .
Ancora meglio, nelle case non vi è solo l’acqua corrente, ma an­che il « latte corrente » . Infatti nei grandi « allevamenti kolkhoziani » vengono munte le vacche ed il latte convogliato immediata­mente in « molokoprovody » ( lat­todotti) che raggiungono tutte le case e il latte si ottiene aprendo il rubinetto… Dobbiamo però dare atto alla Komsomolskaja stile 1959 di aver indovinato almeno una cosa: nel 2010 vi sono i telefonini con i quali si può telefonare « da Mo­sca fino al canale Dnepr- Don » , anche senza comunismo.
«Avvenire» del 7 gennaio 2010

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