06 gennaio 2010

«Ragazzi a letto alle dieci per vivere felici»

Il primario di Pediatria del Fatebenefratelli: il debito di sonno rende più irritabili e fa calare il rendimento scolastico
di Simona Ravizza
La generazione dei «super-gufi» e l'allarme depressione lanciato negli Usa. I genitori sono chiamati a dare il buon esempio. La cena non va posticipata troppo. «I ragazzi di oggi hanno perso un'ora e mezzo di sonno rispetto ai genitori, colpa di tv e Internet»
Per mandare a letto presto i figli di YouTube e Facebook, forse, è sempre meglio affidarsi a Jim Morrison convinto che, per merito dei sogni, nel sonno è possibile trovare quello che il giorno non può dare. I genitori più coraggiosi, però, d'ora in avanti possono appellarsi anche a mister James E. Gangwisch, psichiatra del Columbia University Medical Center di New York, sicuro che ritardare troppo l'ora di coricarsi può portare alla depressione. Lo dimostrano i risultati del suo studio appena pubblicato dalla rivista scientifica Sleep (www.journalsleep.org). Vecchi (e bei!) tempi quelli del Carosello che, con gli sketch comici tra le 20.50 e le 21, faceva scattare il coprifuoco per i più piccoli di casa. «Oggi gli adolescenti hanno già perso in media un'ora e mezzo di sonno rispetto a mamma e papà - ricorda Claudio Mencacci, ai vertici della Società italiana di psichiatria -. Sotto la spinta degli stimoli di Internet & co., i giovanissimi ingaggiano una lotta continua con l'orologio biologico per chiudere gli occhi il più tardi possibile». È il sonno perduto dei ragazzi che adesso gli esperti mettono più che mai sotto accusa. Per gli studiosi del Columbia University Medical Center i supergufi, come vengono definiti i figli della generazione sveglia di notte e assonnata di giorno, corrono il 24% in più di rischi di soffrire di disturbi depressivi e hanno perfino il 20% in più di probabilità di covare pensieri suicidi. Il termine di paragone è con i coetanei che vanno a letto non più tardi delle 10 di sera. L'indagine è stata condotta su 15.659 bambini e adolescenti. A letto presto, insomma, contro la depressione. Ma non solo: «Il debito di sonno rende più irritabili, fa diminuire il rendimento scolastico, favorisce l'uso di stimolanti e di comportamenti aggressivi», sottolinea Luca Bernardo, primario di Pediatria al Fatebenefratelli di Milano e coordinatore della Commissione per la prevenzione del disagio e del bullismo voluta dal ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini. Per scongiurare i guai con la salute psicofisica ci vogliono 8 (meglio ancora 9) ore di sonno. Un numero difficile, però, da trovare nella pratica quotidiana. I giovanissimi sono stressati per il poco riposo soprattutto per colpa di tv, computer e cellulari accesi fino a tardi: è quanto ribadito lo scorso luglio dai ricercatori della Drexel University di Philadelphia. Del resto, dall'indagine - pubblicata su Pediatrics, la rivista ufficiale dell'American Academy of Pediatrics - emerge che ormai il 66% dei teenagers ha la televisione in camera da letto. «È un circolo vizioso pericoloso - spiega il neurologo Lino Nobili alla guida del Centro per la cura dei disturbi del sonno dell'ospedale milanese Niguarda -. Andare a letto tardi favorisce la depressione, ma nello stesso tempo chi è già portato a soffrirne tende a non addormentarsi mai». Ma i metodi brutali servono a poco. L'avvertimento arriva dalla psicologa infantile Silvia Vegetti Finzi: «I genitori sono chiamati a dare soprattutto il buon esempio. È importante, per dire, che l'orario della cena non sia troppo posticipato, anche se spesso si torna a casa tardi per motivi di lavoro. Le abitudini corrette, poi, vanno insegnate con pazienza quando i bimbi sono ancora piccoli». Insiste Mencacci: «La voglia di vivere tutto e subito è tipica dell'adolescenza. Il vero insegnamento da tramandare ai figli, allora, è di non avere paura del futuro e di non bruciare la gioventù. Così magari si convincono anche a riposare di più». Godersi momento per momento, sembra il segreto suggerito dagli esperti, anche con la testa sul cuscino e gli occhi chiusi. Buonanotte, dunque, anche ai babycibernauti.
«Corriere della Sera» del 3 gennaio 2010

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