28 marzo 2010

Il liceo «à la carte» meglio del menu fisso

L'istruzione e il futuro
di Andrea Ichino
Sarebbe utile poter seguire contemporaneamente più lezioni a scuola come Hermione Granger, l'amica di Harry Potter. Ma non siamo maghi e abbiamo solo 24 ore al giorno. Sul Sole 24 Ore, Andrea Casalegno ci ha ricordato che lo studio del latino e del greco è un bene prezioso per la vita. Ne sottovaluta, però, un costo significativo: sottrae tempo allo studio di altre materie, non solo le scienze e le lingue vive ma anche l'economia e la statistica sempre più importanti nella vita moderna e sorprendentemente assenti nei curricula di quei liceali che dovrebbero diventare la nostra futura classe dirigente. Vale davvero la pena di pagare questo costo, dato anche lo sviluppo incessante delle scienze rispetto a quando Giovanni Gentile disegnava la nostra scuola? E soprattutto ha senso che tutti i liceali lo paghino in modo uguale dedicando la stessa larga parte del loro tempo scolastico non solo alla cultura greca e latina, ma soprattutto allo studio delle due rispettive lingue fin nei loro più remoti dettagli e senza, peraltro, arrivare nemmeno a leggerle con facilità?
È un bene che il greco e il latino siano materie offerte nella scuola italiana, ma quel che sorprende è che l'offerta di queste materie, così come delle altre, prenda corpo all'interno di pacchetti rigidamente precostituiti che possono essere scelti solamente in blocco: liceo classico, scientifico, istituti tecnici. È quello che gli economisti chiamano "bundling", ossia un'offerta che non consente di scegliere il pranzo preferito da un "menu à la carte" combinando in modo personalizzato pietanze diverse. In altri paesi le scuole sono invece organizzate così: gli studenti hanno margini per modulare il curriculum a seconda delle loro doti e aspirazioni. Per ogni materia ci sono corsi base, alcuni obbligatori, e corsi avanzati da combinare a piacere, essendo i secondi riservati a coloro che se li meritano.
Questo aiuta ad aumentare la mobilità sociale consentendo a chi viene da background familiari meno favorevoli di accedere gradualmente ad una preparazione più qualificata senza dover comprare in blocco programmi globalmente difficili e rischiosi. Ma aiuterebbe anche a ridurre la tanto lamentata distanza tra formazione e mercato del lavoro. Mentre un secolo fa, quando la nostra scuola è stata disegnata, le professioni erano meno diversificate, oggi le aziende richiedono persone che difficilmente corrispondono ai "bundles" precostitituiti che il nostro sistema formativo impone. Soprattutto è difficile che gli uffici ministeriali possano prevedere, all'interno di programmi rigidamente predefiniti per durare nel tempo, ciò che le aziende vorranno e ciò che gli studenti potranno offrire. Con un sistema "à la carte" i pacchetti formativi attuali sarebbero ancora possibili. Ma sarebbe possibile anche una diversificazione che faciliterebbe una maggiore corrispondenza tra offerta formativa e mercati del lavoro e della ricerca.
Immagino l'obiezione: quando gli studenti del classico si iscrivono a facoltà scientifiche vanno mediamente meglio degli altri e questo proprio perché lo studio del greco e del latino è la migliore ginnastica mentale. Questa conclusione però è tutta da dimostrare: la buona performance scientifica di questi studenti potrebbe dipendere dal fatto che al classico si iscrivono ragazzi con maggiore voglia di studiare soprattutto materie astratte e con un background che facilita gli studi.
Perché allora ho suggerito ai miei figli di studiare come me al classico? Non abbiamo purtroppo un sistema attendibile di valutazione delle scuole italiane, ma per quanto antiquata sia l'offerta formativa di questo liceo, esso continua ad essere preferibile, nel disastrato panorama italiano. Per due motivi. In primo luogo, attira probabilmente studenti con più voglia di studiare. In secondo luogo attira mediamente professori migliori e questo perché insegnare al liceo classico rimane una delle occupazioni più attraenti per un bravo latinista o grecista, mentre i bravi fisici, matematici e ingegneri trovano di meglio altrove. Questo problema è aggravato dal fatto che le donne più preparate, che in passato trovavano nell'insegnamento l'occupazione ideale, ora cercano giustamente altro, visti gli stipendi ridicoli e l'assenza di meritocrazia nella scuola italiana. La mia ottima professoressa di matematica, laureata alla Normale, oggi non insegnerebbe in un liceo. I miei professori di latino e greco, ugualmente bravi, probabilmente sì.
Ma il fatto che il liceo classico rimanga la scuola migliore in Italia, non significa che non si possano migliorare le cose, soprattutto lasciando liberi gli studenti e le scuole di differenziare e personalizzare maggiormente i programmi di studio (e pagando di più gli insegnanti bravi).
«Il Sole 24 Ore» del 28 marzo 2010

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