28 marzo 2010

La bestemmia della scemenza

I calciatori chiedono “libertà d’espressione”. Ridicolo, a prescindere da Dio
di Giuliano Ferrara
Se in nome della libertà si commettono (pure) crimini, in nome della libertà di espressione si dicono (spesso) scemenze. L’ultima – ma qualitativamente tra le prime – è toccata al sindacato FifPro, che a livello internazionale rappresenta i calciatori professionisti. E di cosa si lagna, tanta spettabile internazionale? Del fatto che la Federazione italiana abbia deciso di sanzionare i giocatori che bestemmiano in campo. Ora, quello che alla fine hanno capito persino i concorrenti del Grande Fratello (tu bestemmi? tu fuori!), per dire di quanto possa risultare facile e ovvia la norma, appare difficilmente comprensibile alla FifPro, che nientemeno, vantando un avvocato a nome Wil van Megen (pare preso da un giallo esotico degli anni Trenta), tira di mezzo “una violazione dei diritti fondamentali per la libertà di espressione”. Dovrebbero, oltre che sanzionare la bestemmia, liberalizzare la pernacchia, così da poterne indirizzare una sonora, da udirsi internazionalmente, al sindacato dei calciatori professionisti tutti.
Che la bestemmia possa rientrare tra i “diritti fondamentali della libertà di espressione”, ecco, questa è una cazzata (quello che fa schifo è la bestemmia, per le parolacce si può essere di manica larga, oltre che di blanda deprecazione) che rischia di rendere ridicolo ogni serio discorso intorno al diritto alla libertà d’espressione. A parte la saggezza di Trapattoni (a volte si scova il meglio nell’inaspettato), che nota: “Se sei un somaro e sbagli, cosa c’entra Dio?”, bestemmiare è soprattutto offensivo non tanto verso il Padreterno – che certe cose se le sa sbrigare da solo – ma anche verso chi crede. Se bestemmi non credi; se non credi chi cavolo bestemmi? Ancora più irritante il fatto che a rivendicare l’umiliante diritto sia il sindacato di parecchi bamboccioni miliardari – cui troppi soldi hanno definitivamente tolto ogni remora di buon gusto e ogni obbligo al rispetto altrui. Ci può stare persino la bestemmia di un muratore che si dà una martellata sulle dita, ma se il problema è la palla che non va dove tu vorresti che andasse, qualche corso di autodisciplina in più e qualche Ferrari in meno potrebbero aiutare a guarire dal problema. Il bestemmiatore è, al fondo, un poveretto. Ma siccome nel caso specifico è poveretto nell’anima e non nel conto in banca, si accontenti della Costa Smeralda e quando serve stia zitto.
«Il Foglio» del 28 marzo 2010

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