22 aprile 2010

Nella Costituzione sancita l’inviolabilità

di Ilaria Nava
Si dice che la diagnosi preimpianto si fondi sul diritto del nascitu­ro a essere sano e su quello dei genitori, portatori di una ma­lattia ereditaria, ad avere un fi­glio immune da tale patologia. Ma un simile di­ritto non esiste nel nostro ordinamento, come ha più volte affermato la Cassazione: «È vero che il no­stro ordinamento tutela l’embrione fin dal conce­pimento e che può parlarsi di un diritto a nascere sani, ma detta locuzione va intesa nella sua porta­ta positiva e non negativa. Il diritto a nascere sani significa solo che (...) nessuno può procurare al na­scituro lesioni o malattie, e, sotto il profilo pub­blicistico, che siano predisposti quegli istituti nor­mativi o quelle strutture di tutela, di cura ed assi­stenza della maternità, idonei a garantire, nel­l’ambito delle umane possibilità, la nascita sana». Più avanti la Corte afferma: «Non significa invece che il feto, che presenti gravi anomalie genetiche, non deve essere lasciato nascere» (sentenza 14488/2004). La stessa Corte ha poi ribadito l’o­rientamento nella sentenza 16123 del 2006.
Ma oltre a questi orientamenti giurispruden­ziali, il divieto esplicito alla diagnosi preim­pianto si trova nella legge 40, dove in diver­si articoli sono presenti aspetti incompatibili con tale pratica, come ad esempio la norma che vieta la selezione eugenetica, quella che proibisce la crio­conservazione e la soppressione dell’embrione, la ricerca o sperimentazione su di esso e quella che prevede che il trasferimento nell’utero avvenga pri­ma possibile. La sentenza della Corte Costituzio­nale, che il 1° aprile 2009 ha abolito il limite mas­simo di 3 embrioni per ogni ciclo, ha attenuato le garanzie a favore dell’embrione ma non ha scar­dinato il divieto della pratica selettiva. La Corte, in­fatti nella sentenza 369 del 2006 aveva affermato che tale divieto è «desumibile anche da altri arti­coli della stessa legge, non impugnati, nonché dal­l’interpretazione dell’intero testo legislativo alla lu­ce dei suoi criteri ispiratori». D’altra parte le previsioni contenute nella legge 40 sono in armonia con il dettato costituzionale, che prevede il diritto alla vita anche per il concepito. La Consulta lo ha affermato chiaramente nella sen­tenza 35 del 1997: «Ha fondamento costituziona­le la tutela del concepito, la cui situazione giuridi­ca si colloca, sia pure con le particolari caratteri­stiche sue proprie, tra i diritti inviolabili dell’uo­mo riconosciuti e garantiti dall’articolo 2 della Co­stituzione».
«Avvenire» del 22 aprile 2010

Nessun commento: