28 luglio 2010

Guarda chi si ri­vede: il latino!

Un po' per moda, un po' per cultura e convinzioneLe
di Gabriella Sartori
Grazie a un sindaco (e ai tatuaggi) Londra ritrova il latino. E noi?
Nel bel mezzo di questa torrida estate, è scoppiata la corsa alla lingua di Cicerone proprio là dove meno te lo sa­resti immaginato: in mezzo agli ado­lescenti londinesi fra i tredici e i sedi­ci anni. Che il latino stia conoscendo da qualche anno un grande 'revival' di apprezzamento presso i ceti intellettuali statunitensi, era abbastanza noto. E che da parte della Cina sia in corso una gara ad accaparrarsi i mi­gliori docenti di Diritto Romano (che non può esprimersi se non in latino) è pure una notizia che circola: in quel gigantesco Paese, di antichissima ci­viltà, (grande in vari campi ma non in quello della legge), si è subito com­preso che non si può aspirare ad aver un grande futuro senza le basi del Di­ritto, uno degli insostituibili patrimo­ni culturali che Roma ha dato al mondo. Ma fin qui si tratta sempre di élites, di ceti intellettuali.
Nulla a che vedere, ahimè, con i teen agers inglesi, la maggioran­za dei quali va alla scuola statale: che ver­sa in condizioni mise­revoli sia per il livello culturale che disciplinare.
Se dunque adesso folle di ragaz­zini robustamente ignoranti comin­ciano a studiare il latino, la causa è u­na sola: vogliono semplicemente ca­pire che cosa significano le scritte latine che attori e modelle, calciatori e cantanti hanno preso a farsi tatuare sulla pelle. Ignorandone, spesso, il si­gnificato. Qualche esempio: sulla pancia di Angelina Jolie sta scritto: «Quod me nutrit, me detruit» (ciò che mi nutre, mi distrugge: insomma, attenti a non mangiar troppo e male); sull’avambraccio di David Beckam è inciso l’impegnativo: «Perfectio in spiritu», mentre Colin Farrell, famo­sissimo attore irlandese, bel tenebro­so per eccellenza, se ne va in giro con l’immortale «Carpe diem» oraziano impresso sulla venerata epidermide.
Il caso della bellissima modella Da­nielle Lloyd è a parte: in passerella, sfoggia ,sulla scapola, una scritta lati­na così piena di strafalcioni che nes­sun cultore della lingua di Cicerone riesce a tradurla. Tema sul quale di­vampa la disputa in Internet. E si po­trebbe continuare con gli esempi. Sia come sia, nell’ultimo anno, i ragazzi­ni londinesi desiderosi di studiare il latino sono raddoppiati; e gli istituti secondari statali che garantiscono l’insegnamento della lingua di Roma, in pochi anni, sono passati da cento a seicento. Gioisce il sindaco di Londra, il fantasioso Boris Johnson, da sem­pre entusiasta cultore delle lingue classiche, che sta facendo mettere a punto un programma di latino acces­sibile anche ai bambini delle elemen­tari. «Il latino – spiega Barbara Bell u­na delle sue responsabili scolastiche di fiducia – è come il buonumore dei vecchi, ha impronte leggere e lascia le cose come stanno, in ordine, preci­se... ma solo i bambini hanno l’aper­tura mentale per farlo diventare uno strumento decisivo per il loro svilup­po »; mentre Johnson chiosa: «Non possiamo capire il mondo moderno sen­za studiare il mondo antico». Parole sante.
Da troppo tempo dis­sennatamente rifiuta­te e dimenticate. In­fatti oggi, mentre tutti li cercano, i docenti in grado di insegnare il latino si contano sulle dita di una mano: anche nelle prestigiose università di Oxford e Cambrid­ge. A tanto può giungere l’umana in­sipienza: a gettare alle ortiche ciò che è insostituibilmente prezioso, a ta­gliare le radici. Delitto tanto più grave quanto più il nostro mondo sta di­ventando interetnico. Riflessioni ana­loghe, tanto più tristemente, potrem­mo fare anche noi italiani, primi ere­di, in teoria, della lingua e della civiltà latine. A cui, adesso, tornano ad ab­beverarsi, assetati, Paesi e persone a noi lontani. C’è stato del metodo nel­la nostra immane, distruttiva follia, direbbe Shakespeare. È una beffarda (e severa) replica della Storia che la spinta a tornare sui nostri passi ven­ga anche dalla sua terra. E pazienza se arriva da frotte di ignorantissimi teen agers ansiosi di capire cosa sta scritto sulla pancia di Angelina Jolie e compagni: pur che venga.
«Avvenire» del 28 luglio 2010

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