26 luglio 2010

Il mecenatismo è in declino e la politica dimentica la cultura

Non bastano i manager di pura formazione economica
di Francesco Alberoni
Fino a non molto tempo fa l’unico modo per diventare veramente ricco era fare l’imprenditore industriale. Molti sono partiti dal nulla ed hanno creato a poco a poco la propria impresa inventando i prodotti, le macchine, la distribuzione insieme ai propri collaboratori, ai propri tecnici, ai propri operai. E poi hanno plasmato l’ambiente sociale che li circondava, imprimendogli il proprio marchio. Talvolta raccogliendo attorno a sé scienziati, artisti, scrittori, creando premi letterari. Nomi come Agnelli, Mattei, Ferrari, Ferrero, Barilla, Marzotto, Ratti, Merloni, Pirelli, Mondadori, Trussardi, Della Valle, Rizzoli, Benetton, Borletti, Zegna, Armani, evocano grandi complessi industriali, stupendi palazzi, fondazioni, iniziative culturali e meravigliose collezioni d’arte.
Oggi la ricchezza invece viene sempre più spesso dalla finanza o dal successo sportivo o televisivo. Molte imprese sono governate da un manager economico che passa da una impresa all’altra, da un Paese all'altro e non è interessato a creare una sede raffinata, una rete di rapporti umani stabili, una comunità di artisti. Spesso non ha un proprio gusto, si rimette all’architetto più famoso. Per la pubblicità usa le agenzie, per i congressi e le conventions si affida ai conduttori televisivi più noti .
Il mecenatismo che nasceva dall’incontro personale fra imprenditori e uomini di cultura è in declino. Oggi l’alta cultura viene finanziata essenzialmente dallo Stato o dalle amministrazioni pubbliche. Ma anche i politici non hanno più il sapere di un tempo e, assorbiti dalle estenuanti battaglie verbali, guardano ai risultati elettorali immediati. Non dialogano, non fanno progetti a lungo termine, non creano istituzioni culturali di grande respiro.
Eppure se un Paese vuol crescere deve ricostituire un intenso rapporto umano fra politica, impresa e alta cultura. Per fare un passo in questa direzione bisogna che i politici trovino un po’ di tempo per cercare e poi affidare la creazione e la gestione delle istituzioni culturali ad uomini di alta cultura che siano nello stesso tempo dei bravi leader e dei bravi manager. Non bastano dei manager di pura formazione economica, non bastano i loro militanti o affiliati. Devono rivolgersi a persone con una profonda formazione, con un vero sapere e con una morale della qualità che le mette in condizione di giudicare e di scegliere. È un compito importante per la classe politica di oggi e di domani.
«Corriere della Sera» del 19 luglio 2010

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