27 luglio 2010

Nulla di drammatico, solo sacrifici umani

di Alessandro Giuli
Nei ritmi ossessivi è la chiave dei riti tribali, cantava Franco Battiato. Bisogna però intendersi sulla tribù. La così detta Love parade è imparagonabile, non diciamo all’erta via dell’entusiasmo dionisiaco (oggi ancora privilegio per pochi gentili), ma neppure alla più bassa forma di stregoneria africana che rinvia pur sempre a un contatto con il sottofondo irrazionale della natura. La Love parade è piuttosto un tuffo lisergico nella possessione moderna, una liturgia senza trascendenza ambientata in mezzo al cemento, un carnevale senza baccanti, dunque privo di rigenerazione. In questo rito tossico collettivo si consuma lo svuotamento dell’io, ma è una consunzione nella quale nessun inquilino prende il posto vacante.
Non un dio, forse nemmeno un demone, perfino le anime disincarnate si tengono lontane da tanta voluttà d’inabissarsi. Una delle caratteristiche interessanti del mondo contemporaneo è questa: l’aver sostituito il rumore e la disarmonia al tradizionale baccano. Dove c’è baccano c’è Bacco-Dioniso, fragore che ri-genera armonia; dove c’è rumore abita la contraffazione del baccano. La seconda cifra della modernità è ancora più parlante: nasce nichilista e viaggia armi e bagagli verso l’antimateria, il vuoto, il nulla-tutto, Internet. La musica techno è essenziale in questo discorso: sintetizzata al pc, come i veleni lisergici è il prodotto di un laboratorio chimico, produce sballo al silicio e apre la porta di un nirvana spettrale.
Come stupirsi, se all’improvviso la voragine si spalanca all’olocausto di qualche giovane disanimato? Sarebbe stupefacente il contrario, in una società che s’illude di aver esiliato la selvaticità e non s’accorge che si tiene in vita attraverso sacrifici umani. Dai feti inceneriti ai viluppi di carne e lamiere autostradali.
«Il Foglio» del 27 luglio 2010

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