31 agosto 2010

Assalto "democratico" per far tacere Dell'Utri

Insulti e spintoni al festival Parolario di Como. Annullato l'incontro sui Diari del Duce. Dopo Pansa ormai lo squadrismo culturale è un'abitudine. Cronaca di un pomeriggio irreale
di Luigi Mascheroni
Ieri la stupidità e l’intolleranza han­no espugnato un’altra piazza d’Italia, Pa­ese nel quale notoriamente l’uso politi­co della storia e i processi pubblici ai po­l­itici raggiungono livelli di faziosità altro­ve impensabili. A Como un gruppo di contestatori ha impedito a Marcello Del­­l’Utri di tenere una conferenza sui diari di Mussolini (veri e presunti, in questo caso poco importa): l’incontro, calpe­stando la volontà di ascoltare della mag­gior parte dei presenti, è stato annullato. E così hanno trionfato la più folle delle censure preventive e il più pericoloso dei divieti, quello di parola.
Parlare in pubblico, esprimendo le proprie idee, è uno dei più sacri fra i dirit­ti costituzionali. E chi limita tale diritto si macchia di un crimine vergognoso. Hanno diritto di parola i politici di de­stra come quelli di sinistra, gli intellet­tuali progressisti come quelli conserva­tori, i cattolici come gli atei, un missino co­me un partigiano, gli ex briga­tisti come i neo-fascisti. E un uomo pubblico, che ha la fa­coltà di parlare davanti al Se­nato della Repubblica italia­na, non può parlare nella piazza di un festival lettera­rio? È concesso- e giustamen­te - il diritto di parola e persi­no di esprimere giudizi mora­li a chi è stato condannato in via definitiva per aver rapito e ucciso Aldo Moro, o per aver armato la mano agli assassini di un commissario di polizia, però non si permette a un po­litico condannato per mafia di leggere le pagine di un li­bro. Strano Paese, l’Italia. Stra­no e incomprensibile davve­ro.
E ancora più strano e in­comprensibile se si riflette sul fatto che a voler vietare un diritto costituzionale come la libertà di espressione sia sta­to il «Comitato per la difesa della Costituzione» e che co­loro che hanno boicottato la manifestazione pubblica (e tutte le associazioni conni­venti che hanno firmato il vo­lantino di boicottaggio che gi­rava ieri a Como, tra le quali l’Anpi, l’Acli, l’Arci, Cgil, il «Senato delle Donne»...) lo hanno fatto in nome del più calpestato degli insegnamen­ti di Bertolt Brecht: «Felice il Paese che non ha bisogno di eroi». E ancora più felice quello che può fare a meno degli ignoranti e dei fondamentali­sti. Come, appunto, sono co­loro che scambiano la lettura pubblica di una pagina dei diari del Duce per una apolo­gia di fascismo, che è come ac­cusare di nazismo un profes­sore universitario che legga in classe un passo del Mein Kampf . O come se si incarce­rasse, per istigazione al delit­to, chi ieri pomeriggio grida­va contro Dell’Utri «Devi esse­re appeso per piedi».
Da piazzale Loreto sono passati invano 65 anni. E inva­no, a risentire slogan come «Lotta dura senza paura», è passato anche il Sessantotto. A non riuscire a passare in­vece sono purtroppo la tolle­ranza e il dialogo, gli unici ve­ri antidoti al fanatismo politi­co e intellettuale, che come si sa è il peggiore preludio alla violenza. Come dimostrò lo stesso Mussolini, che in fatto di censure e regimi non scher­zava, prima si proibisce a qualcuno di parlare in pubbli­co, poi se necessario - come nel caso Matteotti- lo si mette a tacere in segreto.
Chi è più fascista e mafio­so? Dell’Utri invitato da una amministrazione cittadina a parlare dei diari di Mussolini o i contestatori che glielo proi­biscono con insulti o minac­ce? E chi era più fascista e ma­fioso? Lo storico Giampaolo Pansa o le bande di vecchi e giovani «partigiani» che, asse­tate ieri come oggi del sangue dei vinti, lo hanno pedinato per anni a ogni presentazio­ne pubblica dei suoi libri «re­visionisti »? Chi era più fascista e mafio­so? Lo scrittore Roberto Savia­no o i giovani «imprenditori» che non volevano che presen­tasse il suo Gomorra a Casal di Principe, in terra dei Casa­lesi? Chi era più fascista e mafio­so? Il giornalista Antonio Ca­rioti o gli estremisti di sinistra che a San Giuliano Terme e a Livorno gli negarono la sala consigliare per presentare il suo libro Gli orfani di Salò , che non avevano neppure let­to, credendolo un testo che esaltava la Rsi? Chi era più infantile e ridico­lo? Federico Moccia o gli stu­denti romani che il marzo scorso lo hanno contestato, zittendolo, in quanto scritto­re- spazzatura? Chi si dimostrò più intolle­rante e fanatico? Papa Ratzin­ger o i professori e i loro allie­vi che lo obbligarono, nel 2008, ad annullare il suo di­scorso alla Sapienza?
Lo squadrismo culturale, come la cronaca troppo fre­quentemente testimonia, è sempre vigile.E l’arte della in­timidazione preventiva non perde occasione di manife­s­tarsi nelle espressioni più cu­riose e incoerenti. Come quando,nel nome dell’antifa­scismo, si rifiuta di ascoltare le memorie- vere o verosimili che siano - di chi quel fasci­smo fondò, gettando una na­zione in un regime. Come se chiudendo occhi e orecchie, tutti i crimini ideologici scom­parissero d’incanto. Invece che ripetersi in maniera ag­ghiacciante come è accaduto ieri a Como.
«Il Giornale» del 31 agosto 2010

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