09 settembre 2010

La privatizzazione dei nuovi figli, il «J’accuse» di Gauchet

di Luca Miele
Sulla soglia della contempo­raneità fa la sua comparsa un 'personaggio' che fino ad allora non aveva trovato citta­dinanza nella società occidentale: è l’adolescente. Tutta una letteratura – come ha dimostrato Franco Moretti – fiorisce attorno alla sua figura e alla sua formazione e, con il romanticismo, finisce per assu­mere spesso uno spessore tragico.
Nel giro di pochi secoli quel per­sonaggio rischia però di scompa­rire. Una sorta di atrofizzazione, di ripiegamento, dissolve i contorni che lo definivano. Come scrive il filosofo e antropologo francese Marcel Gauchet in questo volume (la cui edizione italiana ha una presentazione della storica Lucet­ta Scaraffia) l’adolescenza è stata attaccata su due fronti. Da una parte «viene erosa dall’estensione dell’infanzia», dall’altra è messa in crisi «dalla scomparsa del modello sul quale si era definita». È la «liquidazione dell’età adulta», la «di­sgregazione di ciò che significava maturità», l’imperativo a «restare giovani per sempre» a far implo­dere anche l’adolescenza. Siamo dinanzi a un processo ben più profondo – e dirompente – di cui la scomparsa dell’adolescenza è solo uno dei nodi e i cui esiti ci so­no ancora sconosciuti: è quella che Gauchet chiama la «radicale ristrutturazione delle età della vi­ta ». L’infanzia si eternizza, la vec­chiaia è disconosciuta, la maturità diventa un disvalore, il tempo che passa un tabù. Cosa è accaduto?
Qual è stato il motore di questo cambiamento? Se l’allungamento della vita è il suo sintomo più evidente – con l’affermazione di «u­na terza età, distinta dalla quarta» –, cosa ha imposto questa nuova temporalità dell’esistenza? L’auto­re individua il segreto di questa rottura nella rivoluzione che ha investito in pieno «le condizioni della procreazione». Da fatto so­ciale e generazionale la nascita è diventata «privata», da evento che ci oltrepassava è riformulata come «progetto deciso», si è volatilizzato il suo ancoramento ai dettami della specie. È insomma «la priva­tizzazione del processo di perpe­tuazione della specie» che avviene attraverso il controllo della ses­sualità. In questo rovesciamento che terremota antiche certezze – la famiglia da gerarchica è divenu­ta informale, da stabile e duratura si è fatta eterea e volatile, da allar­gata si è trasformata in cellulare – si staglia una 'nuova' figura. È quella che il filosofo francese chiama «il figlio del desiderio»: «Il bambino è diventato un figlio del desiderio, del desiderio di un fi­glio. Era un dono della natura o il frutto della vita attraverso di noi, certo, ma senza di noi o malgrado noi. D’ora in poi non potrà che es­sere il risultato di una volontà e­spressa, di una programmazione, di un progetto». Il rovesciamento rispetto al passato è radicale.

Marcel Gauchet, Il figlio del desiderio. Una rivoluzione antropologica, Vita e pensiero, pp. 90, € 12
«Avvenire» del 9 settembre 2010

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