14 dicembre 2010

Le otto tesi di Roncaglia sugli e-book

di Gino Roncaglia
Nell'ormai lontano 2001, in occasione del primo convegno dedicato agli e-book organizzato presso l'Università della Tuscia, avevo proposto otto tesi, che riassumevano cosa secondo me i libri elettronici non dovrebbero essere. Credo che quelle tesi restino valide, e debbano orientare il nostro percorso di avvicinamento all'e-book per evitare che esso prenda strade sbagliate. Le ripropongo quindi – con minime modifiche – in queste conclusioni:
1. Il libro elettronico NON è un formato alternativo per visualizzare del testo sullo schermo di un computer tradizionale. Né il computer da tavolo né i normali computer portatili possono competere col libro a stampa in quanto a facilità d'uso e portabilità, anche se possono risultare utili in situazioni di lettura attiva lean forward. I libri elettronici – se vogliamo che abbiano un futuro – devono poter essere letti anche utilizzando strumenti che per dimensioni, peso, portabilità siano più vicini al libro che al computer.
2. Il libro elettronico NON deve basarsi su formati chiusi e proprietari. L'esperienza del web insegna che l'uso di standard pubblici ed aperti è la migliore garanzia per la diffusione e l'affermazione di un medium elettronico. Nel caso degli e-book, gli standard aperti sono quelli proposti dall'International Digital Publishing Forum (formato ePub). Occorre dunque che i programmi di lettura offrano la possibilità di importare e, per le opere non protette, di esportare direttamente il testo elettronico da e verso tale formato, e che esso sia pienamente supportato da tutti i dispositivi di lettura.
3. Il libro elettronico NON nasce per essere stampato. Se leggendo un testo su un dispositivo informatico sentiamo il bisogno di stamparlo, vuol dire che non stiamo leggendo un libro elettronico, o almeno non stiamo leggendo un libro elettronico 'riuscito', o che non lo stiamo leggendo sullo strumento giusto.
4. Il libro elettronico NON deve essere un oggetto `volatile', che rischia di scomparire ogni volta che dobbiamo cambiare dispositivo di lettura o sistema operativo. I libri sono oggetti persistenti: quando compriamo un libro ci aspettiamo di poterlo conservare nella nostra biblioteca per anni ed anni. Si buttano giornali e riviste, dopo averli letti, ma di solito non si buttano i libri. L'uso di meccanismi di protezione che rendono illeggibile il libro elettronico dopo un certo numero di cambiamenti nel dispositivo di lettura o di reinstallazioni del relativo software è incompatibile con queste abitudini, e scoraggia il lettore dall'investire soldi nella costruzione di una propria biblioteca. In definitiva, dunque, anche questa impostazione danneggia le prospettive di sviluppo del settore.
5. Corollario: i meccanismi di tipo `pay per view' possono funzionare per film, giornali, riviste (in generale, per informazione `di flusso'), ma – tranne in alcuni casi (repertori, enciclopedie, collezioni e corpora di testi) – NON per i libri. Non a caso, nel caso degli stessi film noleggiamo i DVD o i dischi Blu-Ray che desideriamo vedere una volta, ma acquistiamo quelli che amiamo di più. Anche quando gli e-book sono conservati 'on the cloud', all'interno dei server offerti dai servizi di vendita on-line, occorre quindi garantirne la piena e continua disponibilità.
6. Il libro elettronico NON deve essere un oggetto chiuso neanche dal punto di vista della fruizione: deve poter essere commentato, annotato, prestato, regalato, proprio come è possibile fare nel caso dei libri su carta, sfruttando anzi le maggiori possibilità di circolazione e condivisione dell'informazione messe a disposizione dalle nuove tecnologie. E tecnicamente possibile garantire la salvaguardia dei diritti di autori ed editori senza bisogno di impedire queste operazioni, che sono del resto fondamentali per aiutare la diffusione dei libri e per promuovere – anche attraverso nuovi strumenti di rete e servizi innovativi – la dimensione sociale della lettura.
7. Il libro elettronico NON deve essere pensato come strumento destinato unicamente alla lettura di informazioni testuali: deve essere possibile, come già accade nel caso dei libri a stampa, l'inserimento di illustrazioni, tabelle, formule scientifiche e matematiche, e deve essere inoltre possibile – se l'autore ritiene opportuno farne uso – l'inserimento di contenuti multimediali come suoni, video, animazioni interattive.
8. Il libro elettronico NON deve orientarsi unicamente verso la visualizzazione o la lettura di testi lineari, così come NON deve orientarsi programmaticamente verso la visualizzazione o la lettura di ipertesti multimediali: deve essere aperto a entrambe le possibilità, permettendo all'autore di strutturare il proprio testo nel modo da lui considerato più conveniente e di esplorare, se ritiene di farlo, nuove forme di organizzazione dei contenuti, rese possibili dall'uso del formato digitale.

Le ultime due tesi, e l'insieme di sviluppi discussi nella sesta lezione, pongono un problema di grande rilievo: quello dei confini dell'idea di libro elettronico. Se un e-book può includere animazioni e componenti interattive, dove finisce il libro e dove comincia, ad esempio, il videogioco? I libri-chat della serie Vampire Academy annunciata dalla Penguin, che offrono un mix di lettura e interazione con una comunità di amici appassionati di vampiri, possono ancora essere considerati dei libri? La dichiarazione fatta al riguardo dall'amministratore delegato di Penguin, John Makinson, nel corso della conferenza di presentazione dei nuovi titoli per iPad, è significativa:
La definizione stessa di libro è pronta per essere ripensata. Non sappiamo se
un'introduzione video al libro sarà utile ai consumatori. Troveremo una risposta
a queste domande solo per tentativi ed errori
L'uso del termine 'consumatori' al posto di 'lettori' da parte di uno dei massimi responsabili di una delle più importanti case editrici al mondo lascia l'amaro in bocca, ma è probabilmente legata più alle caratteristiche del mercato editoriale globale – che vede nei libri, non importa se su carta o elettronici, innanzitutto l'aspetto di merci da consumare – che alla particolare tipologia dei contenuti propria dei nuovi e-book. Riguardo ai quali Makinson ha probabilmente ragione: solo il tempo permetterà di individuare nuovi generi e nuovi confini. E' possibile che anche in questo caso l'interfaccia giochi un ruolo importante: una presentazione 'paginata' dei contenuti potrà rimandare ad esempio all'idea di libro, anche se i contenuti sono fortemente interattivi. Così come, probabilmente, il contesto della cultura del libro potrà essere richiamato dall'uso del testo come strumento portante della trattazione.
Non si tratta, comunque, di cambiamenti da subire passivamente. Nei prossimi decenni, molte delle funzioni tradizionalmente affidate al libro su carta passeranno probabilmente a libri elettronici letti utilizzando dispositivi che avranno più o meno la forma e le dimensioni di un libro, ma che permetteranno di fare anche molte altre cose, così come la funzione di telefono è ormai solo una fra le molte offerte dai moderni smartphone. Ma la capacità di rendere questi dispositivi – e i testi che vi leggeremo – anche eredi legittimi della cultura del libro, la capacità di conservare nell'era del digitale le forme di testualità complessa – narrativa e argomentativa – alle quali il libro ci ha abituato, dipenderanno in ultima analisi da noi. Il libro magico del cancelliere Tusmann è ormai, tecnologicamente, quasi alla nostra portata; ma l'uso che ne faremo e i libri che vi leggeremo, il modo in cui concretamente popoleremo di testi e di contenuti lo spazio di possibilità aperto dai nuovi dispositivi, dipenderanno in gran parte da scelte non solo tecnologiche ma innanzitutto sociali e culturali. Per fare le scelte giuste sarà importante, su pagine di carta o di bit, continuare a leggere.
Tratto dal libro La quarta rivoluzione, Laterza 2010, pp. 243-246.
Postato il 14 dicembre 2010

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