31 luglio 2011

Da Rabelais a Cervantes a Gadda, fascino (e illusione) della continuità

Da un confronto tra Michail Bachtin e Gianfranco Contini l'ipotesi di una terza via creativa
di Cesare Segre
Nella storia del romanzo prevale la linea che privilegia gli scrittori inventivi

Due grandi critici, uno russo, Michail Bachtin (1895-1975), l'altro italiano, Gianfranco Contini (1912-1990), hanno abbozzato una storia del romanzo che, in base a elementi linguistici e formali, individua in questo genere letterario due correnti, parallele e antagoniste attraverso i secoli. Una corrente è quella della letteratura d'intrattenimento o d'avventura o d'intreccio, che, ricorrendo a un linguaggio medio (monolinguismo), si concentra sulla narrazione e sui personaggi; l'altra è quella di opere che puntano sulla pluralità di voci e di lingue dei personaggi (plurilinguismo), in rapporto con il confronto delle loro opinioni, e sull'accostamento di prospettive diverse. Per farsi un'idea della seconda corrente, si possono citare il Satyricon di Petronio, e poi Folengo, Rabelais, Cervantes, Swift, Sterne, Joyce, e così via. Le due linee correrebbero quasi sempre parallele nella storia del romanzo, talora incontrandosi talora allontanandosi; è comunque alla seconda che pertengono, a parere di Bachtin, e probabilmente anche di Contini, i romanzi che fanno storia. Diamo appena qualche riferimento cronologico. Per Bachtin, occorre tener conto della pubblicazione travagliata delle sue opere (sommata al ritardo delle traduzioni): i Problemi dell'opera di Dostoevskij, pubblicati nel 1929, vengono rimaneggiati e riproposti, con nuovo titolo, nel 1963. Bachtin scrive tra il 1934 e il 1935 il saggio La parola nel romanzo, pubblicandolo solo nel 1972. Il contributo su Le forme del tempo e del cronòtopo nel romanzo, scritto anch'esso fra 1934 e 1935, uscì nel 1974. Quanto a Contini, pubblica, a coronamento di vari lavori su Gadda, l'introduzione alla Cognizione del dolore nel 1963 (Einaudi), e il saggio Espressionismo letterario (per l'Enciclopedia del Novecento) nel 1977. Non risulta che Bachtin abbia avuto conoscenza del primo di questi contributi continiani, anche per motivi esterni che ben conosciamo (il secondo uscì invece dopo la sua morte, avvenuta nel 1975); in più non era interessato alla letteratura italiana. Contini, per contro, ha notizia di Bachtin, ma solo nel 1988, quando ristampa in volume il saggio del 1977. Scrive infatti, in una nota aggiunta nella ristampa: «Nella tanta bibliografia suscitata da Rabelais è ai fini immediatamente linguistici ancora più utile il libro di Spitzer, 1910, che quello, a buon diritto assai letto, di Michail Bachtin, 1975». Evidentemente Contini non ha colto, nella monografia su Rabelais, gli accenni alla storia del romanzo; e per di più vuole sottolineare la sua predilezione per la stilistica di Spitzer (del resto lodato anche da Bachtin), alla quale ha continuato a rifarsi. Dunque, qualunque rapporto è da escludere. Il fatto è, però, che, se i due critici in comune avevano poco, questo poco era essenziale: l'attenzione agli aspetti linguistici del testo, e in particolare un'impostazione stilistica (riferimento comune Leo Spitzer). Inoltre, entrambi erano stati investiti dalla ventata strutturalistica, pur reagendovi in modo personale. Infine, nessuno dei due intendeva occuparsi sistematicamente del romanzo; le loro osservazioni sullo sviluppo del genere sono ispirate dall' intenzione di «offrire una storia» agli autori su cui più intensamente meditarono: Dostoevskij e Rabelais per Bachtin, Carlo Emilio Gadda per Contini. Bachtin incomincia a parlare delle due linee del romanzo nel Dostoevskij, ma poi storicizza le sue osservazioni in La parola nel romanzo e nella seconda edizione del Dostoevskij, e vede il punto di partenza della linea plurilinguistica in testi greci e romani, con la guida (è una nostra supposizione) di un volume di Erwin Rohde sul romanzo alessandrino (1897 e 1900). Ma si capisce che non considera definitivo questo inquadramento: infatti, nell' articolo Le forme del tempo non parla più di due linee, e negli altri alterna lo schema binario (due linee) con uno schema ternario (per esempio linea epica, retorica e carnevalesca). Anche Contini parla di plurilinguismo, ma ricorre pure ad altri termini, soprattutto espressionismo. E poi, plurilinguismo è termine usato anche nel tradizionale confronto tra Dante e Petrarca illustrato da Contini in un articolo del 1951: monolingue è Petrarca, fedele a una media stilistica raffinata e costante, diventata poi il linguaggio poetico italiano; plurilingue è Dante, che oltre a immettere nel suo linguaggio parole latine, provenzali e francesi, spazia anche tra i registri, da quelli popolari e volgari ai più nobili. Quanto all'espressionismo, Contini ne aveva dapprima evidenziata la presenza in vari testi delle origini (Poeti del Duecento, 1960); arrivato però a illustrare quel Gadda che lui stesso aveva introdotto tra i maggiori del Novecento, si sentì obbligato ad approfondire il concetto di espressionismo, usato in Germania, a partire dagli anni Dieci del Novecento, per definire una corrente pittorica (Nolde, Marc, Macke, etc.), ma anche un gruppo di poeti (Benn, Heym, Trakl, etc.); dalla Germania il concetto si estese alla Francia e all'Italia. Quello che interessa a Contini è giustificare l'estensione del termine anche a testi anteriori o posteriori all'espressionismo tedesco; quello che a lui pare basilare è il valore esemplare e definitorio di Gadda, tanto che, per allineare le opere in una prospettiva storica, il critico invoca una «funzione Gadda» attiva in tutti i testi espressionistici non solo successivi, ma anche precedenti, risalendo sino al Duecento. Ma nonostante il fascino del parallelismo Bachtin-Contini, ci si domanda se la loro non sia stata un' illusione ottica. Non sarà che la prospettiva adottata da entrambi ha sdoppiato una stessa linea, attribuendo continuità agli scrittori anticonformisti e innovatori? Non sarà che l'attenzione verso i precursori ha creato a posteriori un'apparente consanguineità fra scrittori particolarmente inventivi e, in linea di massima, indipendenti l'uno dall'altro? E siamo sicuri che in testi monolingui non si riscontrino, forse anche spesso, qualità non minori di scrittura?

Pubblichiamo una sintesi della relazione che Cesare Segre terra mercoledì al XIV convegno internazionale su Michail Bachtin a cura di Federico Pellizzi, che si svolge da oggi all'8 luglio alla Rocca di Bertinoro (Forlì Cesena) presso il Centro universitario dell'ateneo di Bologna. Al convegno partecipano i maggiori studiosi internazionali di Bachtin e di teoria della letteratura. Del comitato scientifico fanno parte, oltre a Segre, anche Vittorio Strada, Ezio Raimondi, Gianpiero Piretto, Giuseppe Ghini, Giovanni Bottiroli, Augusto Ponzio.

Angelo Guglielmi risponde a quest'articolo di Segre.
«Corriere della Sera» del 4 luglio 2011

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