14 luglio 2011

La teologia di Harry Potter

Mentre esce nelle sale italiane l’ultimo film ispirato alla celebre saga letteraria, ecco una ricostruzione del sottofondo cristiano che emerge dai personaggi
di Rocco Buttiglione
Ha senso fare una teologia di Harry Potter? A prima vista si direbbe di no. La creatri­ce di Harry Potter, la signora Row­ling, non è una teologa e certamen­te la sua intenzione era semplice­mente quella di raccontare una storia. Tuttavia di letture teologiche di Harry Potter ce ne sono state più di una. La prima è stata probabil­mente quella di Gabriele Kuby che ha letto Harry Potter come una o­pera legata alla moda new age.
Harry, dopotutto, è uno stregone ed i suoi libri non contengono nessun riferimento esplicito alla rivelazio­ne cristiana. In realtà i riferimenti new age toc­cano solo lo strato più superficiale della saga. Una lettura più attenta alle strutture narrative profonde del libro non tarda a scoprire nu­merosi riferimenti cristiani. Per co­minciare la singolarità di Harry, quella che lo costituisce nel suo ruolo di personaggio, è la sua (rela­tiva) immunità davanti alla magia.
È per questo che il mago più po­tente e malvagio non riesce ad uc­ciderlo. Harry è protetto da un in­cantesimo di straordinaria potenza generato dall’amore della madre (e del padre) che hanno sacrificato la vita per lui. Troviamo qui il tema dell’amore che salva e non c’è a­more più grande che dare la vita per quelli che si amano. Ritrovere­mo il medesimo tema alla fine del libro. Lì sarà Harry a dare la vita per salvare i suoi amici e per sconfigge­re definitivamente il male. Ad Harry, però, la vita verrà restituita.
Solo chi è capace di dare la propria vita la potrà salvare. Gesù è per ec­cellenza colui che dà la vita per i suoi amici. È Harry Potter una figu­ra cristica, come per esempio il leo­ne Arslan nelle Cronache di Narnia? Sì e no. L’archetipo di Gesù si comunica a tutti i cristiani e, i­noltre, i Vangeli ci dicono che que­sto archetipo ha una valenza natu­rale che precede la persona di Cri­sto. Il Vangelo, infatti, ci dice che forse è possibile trovare qualcuno che dia la vita per salvare i suoi a­mici. Lo specifico di Gesù è che egli ha dato la vita non per i suoi amici ma per i suoi nemici, per i malvagi che lo hanno messo a morte. Harry Potter si lega ad un archetipo natu­rale che nel racconto di Gesù viene assunto e trasfigurato ma esprime una legge della vita presente già nell’ordine naturale. Questo con­vincimento è confermato dal fatto che i primi soggetti del dono della vita sono la madre ed il padre. L’in­cantesimo che protegge Potter na­sce dall’amore di suo padre e di sua madre. Un teologo direbbe che si svolge nell’ordine naturale che già però si apre all’avvenimento cri­stiano.
Un secondo elemento che caratte­rizza la saga di Harry Potter è il suo impianto, in un certo senso antiesi­stenzialista, almeno nel senso dell’ esistenzialismo sartriano. All’inizio, per la verità, Harry somiglia ad un eroe sartriano. È una libertà gettata nel mondo che sembra dovere dare a se stessa il proprio so­stegno ed il proprio senso. Quanto più progredisce il rac­conto, però, Harry scopre di essere inserito in una sto­ria e di avere, in essa, un destino.
In questa storia lo inseriscono ori­ginariamente i suoi genitori ma es­sa gli si fa presente attraverso la co­munità degli amici. Si tratta degli a­mici dei suoi genitori che lo difen­dono contro Voldemort, si assumo­no l’onere della sua educazione e progressivamente gli rivelano la storia dei suoi genitori. Si tratta però anche dei suoi compagni di scuola cui si lega con una amicizia per la vita. In questa compagnia ravvivata dalla percezione di un compito cresce una personalità ca­pace di percepire la legge del dove­re e del sacrificio. Questa comunità è composta di maschi e di femmine. La storia ac­compagna Harry ed i suoi amici anche nella scoperta della differen­za sessuale. Il libro è anche un libro sulla amicizia fra gli uomini e le donne. Harry impara ad essere a­mico delle donne prima di essere attratto sessualmente. Ne conside­ra la testa ed il cuore prima di valu­tarne la attrattiva sessuale. Per tutti i protagonisti la scelta sessuale av­verrà in un momento successivo all’interno del gruppo degli amici.
La scelta sessuale, poi, sarà una scelta matrimoniale. Tutti i prota­gonisti si sposeranno e avranno dei figli. Sembra che a Hogwarts creda­no ancora al grande amore. Harry, del resto, cresce nel ricordo dell’a­more dei suoi che è, in modo indistinguibile, amore dell’uno per l’al­tro ed amore per il loro bambino.
In realtà la Rowling è divorziata due volte. Si può sbagliare nella propria vita senza perdere per i propri figli la speranza del grande amore.
La struttura fondamentale del libro di Harry Potter è quella di una lotta per il bene e contro il male, per la verità e contro la menzogna. In un certo senso questa struttura si op­pone direttamente alla cultura oggi dominante, a quello che Benedetto XVI chiama il relativismo etico. In una delle scene madri della saga, che certo sarà piaciuta al Papa se mai la ha letta, Voldemort cerca di indurre in tentazione Harry. Non e­siste né verità né menzogna, gli di­ce. Non c’è né il bene né il male.
C’è solo il potere. Il potere fa la ve­rità. E Voldemort offre a Harry di condividere il potere, ma Harry gli risponde, semplicemente, no.
Se si guarda ai principi del moder­no decostruzionismo è difficile sot­trarsi alla impressione che Volde­mort sia anche lui un decostruzio­nista. Ogni narrazione del vero e del bene deve venire decostruita per mostrare come a costituire l’or­dine all’ interno del quale noi di­stinguiamo fra il giusto e l’ingiusto sia sempre e solo il potere. Non esi­ste dunque alcun ordine naturale e la pretesa di affermarlo o di farlo valere è per principio ideologica. Il mondo di Harry Potter è invece, in linea di principio, un mondo in cui esiste un ordine naturale violato ed una lotta per ripristinarlo.
L’idea di un ordine e di una legge che governa il mondo non è, be­ninteso, solo cristiana. Essa appar­tiene anche, per esempio, all’uni­verso intellettuale stoico. A questa idea il cristianesimo ne ha aggiunta un’altra. Nessuno è interamente buono ma anche nessuno è intera­mente cattivo. Cominciamo con Harry Potter. Fra lui e Voldemort e­siste una connessione segreta.
Harry porta nella sua anima un frammento dell’anima di Volde­mort. Per questo deve morire per poter sconfiggere l’avversario. An­che i migliori hanno bisogno di es­sere purificati. Ed anche i peggiori non sono totalmente prigionieri del fascino del male. Draco Malfoy, uno dei più ostinati nemici di Harry, si rifiuterà di riconoscere Harry prigioniero e di consegnarlo alla morte. Ancora più interessante è il caso di Severus Piton. Piton è per carattere e propensioni legato al lato oscuro del mondo magico ed odia con tutte le sue forze il pa­dre di Harry e, tendenzialmente, anche Harry. Piton ama però dispe­ratamente Lily Evans, la madre di Harry. In forza di questo amore Pi­ton farà sempre di tutto per proteg­gere Harry. C’è in questo una lezio­ne molto cristiana. L’amore, se è vero, non è mai sbagliato. Talvolta però esso chiede, per restare vero, il prezzo della sofferenza e del sacrifi­cio.
Qualcosa di simile ritroviamo an­che nel caso di Albus Silente, il pre­side di Hogwarts ed il grande ami­co e mentore di Harry. Di lui sap­piamo che anche lui è stato attratto dal lato oscuro delle arti magiche. È stato amico di Grindelwald (una specie di Voldemort ante litteram) ma se ne è staccato e per tutta la vi­ta si è poi dedicato a combattere per la pacifica convivenza fra i ma­ghi ed i comuni mortali. La Rowling ci informa anche (in una conversa­zione) che Silente ha tendenze o­mosessuali in qual­che modo sublima­te nella sua voca­zione pedagogica.
Gli uomini hanno tendenze e passioni e di queste non so­no responsabili. So­no responsabili del­l’uso che ne fanno.
Così Harry (ci fa ca­pire la Rowling) for­se avrebbe potuto essere Volde­mort e viceversa. Per questo ognu­no di noi è responsabile e tuttavia esiste una ultima solidarietà che le­ga tutti gli uomini. Come mai è possibile ritrovare una tale ricchezza di contenuti simboli­ci in un’opera di fantasy? Vi sono tre risposte possibili. La prima è che la Rowling è cristiana. La se­conda è che esiste nella letteratura inglese una grande tradizione di fantasy a forte contenuto simbolico cristiano (C. S. Lewis, J. R. R. Tolkien, G. K. Chesterton etc...). La terza è che esistono strutture sim­boliche universali congruenti con la fede cristiana. Sia W. Benjamin che H.U. Von Balthasar hanno in­segnato che ogni storia che meriti di essere raccontata si misura con il tema della salvezza dell’uomo. Il decostruzionismo cerca di mostra­re attraverso l’opera d’arte il caos e l’assenza di un ordine e di un senso. Anche nella rappresentazione dell’assenza è impossibile impedire che emerga la nostalgia e quasi il presagio della presenza di un significato.
Letture teologiche del «maghetto» ve ne sono già state, come quella «new age» di Gabriele Kuby, che tocca però la superficie dell’opera: in realtà una lettura più attenta scopre riferimenti cristiani La Rowling scrive in una tradizione che va da Lewis a Tolkien, a Chesterton. E per Benjamin e Von Balthasar le storie che meritano di essere raccontate si misurano con il tema della salvezza
«Avvenire» del 14 luglio 2011

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