12 settembre 2011

La comunicazione? Avviene a «ondate»

Analizzate in undici mesi 9 milioni di telefonate
di Elisabetta Curzel
Come si propagano opinioni, idee politiche e commerciali O capire come si è sviluppata la «primavera araba»
Quiete e tempesta: quando comunichiamo, i due stati si alternano. E con le «tempeste» le informazioni viaggiano più veloci. È quanto emerge da uno studio compiuto dall’Università Carlos III di in collaborazione con Telefónica, un’indagine i cui risultati potrebbero rivelarsi utili per comprendere il modo nel quale si propagano opinioni, idee politiche, pettegolezzi e informazioni commerciali. Per un periodo di undici mesi, i ricercatori hanno analizzato 9 milioni di chiamate, un volume di traffico telefonico svolto da 20 milioni di persone (circa il 30% della popolazione spagnola). La scoperta? Che la gente comunica a cascate o raffiche (bursts in inglese).

ONDATE - «Chiamiamo tanto e in poco tempo», spiega la ricercatrice Giovanna Miritello, coautrice dello studio, «poi passiamo periodi di inattività, poi torniamo a chiamare. E così via». La comunicazione, insomma, avviene nel tempo in maniera discontinua. L’alternarsi di ondate e silenzi vale per qualsiasi tipo di relazione. «Non sappiamo niente della vita personale degli autori delle chiamate», continua Miritello, «perché ovviamente erano anonime. Sappiamo però che questo carattere di discontinuità si ripresenta con tutti i contatti, siano essi familiari, amici, colleghi o conoscenti. Certo, chiamerò più spesso il mio fidanzato e meno l’amica con cui faccio allenamento; ma in entrambi i casi il ritmo della comunicazione sarà incostante».

RITMI - I ritmi circadiani (ossia il ritmo veglia–sonno) quelli lavorativi, com’è intuibile, sono imprescindibili. «Lunedì e martedì mattina si chiama di più, soprattutto fino all’ora di pranzo, perché il telefono viene usato anche a fini professionali», continua la ricercatrice. «All’ora di pranzo si registra una diminuzione; si ricomincia il pomeriggio e poi la notte, quando si dorme, ovviamente non si telefona. In certe fasce orarie quindi la comunicazione non c’è. Ma se elimino le considerazioni legate ai ritmi circadiani, scopro una cosa importante: che tra le telefonate esistono correlazioni. Se ricevo una chiamata, probabilmente ne faccio una subito dopo; se per esempio mi sto organizzando per uscire con un gruppo di amici, è probabile che chiami e venga chiamata tanto in un breve periodo di intensa comunicazione».

INFORMAZIONE - Lo studio potrebbe servire anche per tracciare il percorso di un’informazione. «Se vengo a conoscenza di una notizia in un periodo di forte attività, è più probabile che la propaghi perché sto chiamando tanto», aggiunge Miritello. «Lei, ora, mi sta intervistando; se oggi parlo con tanta gente è probabile che menzioni questo fatto, ma se non parlo con nessuno l’informazione non passa». Possibile che la discontinuità dipenda dal livello di attenzione e tolleranza? «Questo i dati non ce lo dicono. Ma da un’altro studio che stiamo conducendo, incentrato sulla cosiddetta economia dell’attenzione, sappiamo che esistono per chi chiama limiti sia fisici che di costo, temporale e monetario».

«ESPLOSIONE» - Per Andrea Salvini, docente di sociologia presso l’Università di Pisa ed esperto nell’analisi di reti sociali, «la scoperta che nella comunicazione si alternano effervescenza e silenzio prolungato è molto interessante. Dallo studio si ricava inoltre l’idea che questa “esplosione” sia condivisa, e che la sollecitazione lanciata da uno venga raccolta da tutti gli altri interlocutori. Una volta esaurito l'interesse, si passa al silenzio. Ci sono momenti in cui ce ne stiamo ritirati nelle nostre reti più intime, e momenti più ampi con una valenza collettiva. Questo è molto importante anche per capire le forme della partecipazione civile e sociale. Movimenti come quello che ha attraversato l'Africa del nord funzionano forse seguendo questi meccanismi».
«Corriere della Sera» del 12 settembre 2011

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