20 novembre 2011

Bimbi ai tempi del web: l'Italia ultima a scoprirlo

di Luciana Cimino
A che età mettere i bambini davanti al web, e in che modo? E poi, che rapporto hanno i genitori italiani con le nuove tecnologie? La scuola e i professori sono pronti ad accompagnare gli studenti nell’uso consapevole dei nuovi mezzi di comunicazione? Sono alcune delle domande che si pone un’indagine realizzata in 25 paesi europei nell’ambito dal Safer Internet Programme della Commissione Europea.
Dall’indagine emerge come i bambini e gli adolescenti italiani abbiano minori competenze digitali rispetto ai loro coetanei europei e i loro genitori siano meno consapevoli dei rischi sperimentati sul web dai propri figli (l’81% dei genitori i cui bambini hanno ricevuto messaggi offensivi on line non ne è a conoscenza contro il 56% della media europea; il 67% dei genitori, contro una media europea del 61%, ignora che i propri figli hanno incontrato, faccia a faccia, persone conosciute on line). Ed ancora: gli insegnanti italiani sono in Europa quelli meno coinvolti nelle attività on-line degli studenti (65% contro una media del 73%). Partendo da questi dati la Società Italiana di Pediatria (Sip) ha lanciato ieri il “Manifesto per un uso positivo e sicuro del Web”, che contiene proposte per rafforzare le competenze digitali dei bambini e degli adolescenti italiani non solo per prepararli ad un futuro competitivo ma soprattutto per ridurre i rischi associati all’uso della rete.

GLI STATI GENERALI DELLA PEDIATRIA
L’occasione per discuterne sono gli Stati Generali della Pediatria in corso: 18 tavole rotonde che si svolgono in contemporanea in altrettante regioni italiane, nel corso della Giornata mondiale del bambino e dell’adolescente. Con il coinvolgimento di genitori, giornalisti, magistrati, istituzioni, insegnanti e forze dell’ordine. «Come pediatri sentiamo il dovere di impegnarci per promuovere un uso più utile e sicuro del web, un obiettivo che richiede il coinvolgimento di tutti i cosiddetti “stakeholders” che ruotano attorno al bambino, soprattutto genitori e insegnanti - commenta il presidente della Sip Alberto G. Ugazio - Centrale, in particolare, è il ruolo della scuola sia per favorire una maggiore “alfabetizzazione digitale” sia per offrire un supporto conoscitivo ai genitori, spesso meno capaci dei figli di navigare sul web».

ITALIA IN RITARDO
Dall’indagine europea risulta infatti evidente come l’Italia sia debba ancora fare molta strada nel suo rapporto tra minori e internet. Nel dettaglio scopriamo infatti come da noi si cominci a navigare più tardi (a 10 anni contro i 7 di Danimarca e Svezia) e da soli, nella propria stanza, senza la supervisione di un adulto. Molti gli usi positivi della rete: le attività online riguardano per l’85% ricerche scolastiche, l’83% utilizza internet per giocare, il 76% per guardare video, il 62% lo usa per comunicare con gli amici tramite messaggistica istantanea. In media il 59% degli intervistati (il 57% in Italia) ha un profilo personale su social network, che conquistano anche i più piccoli, nonostante il divieto di alcuni, come Facebook, ai minori di 13 anni. Hanno profili personali il 26% dei ragazzi tra i 9-10 anni e il 49% tra gli 11 e i 12, fino ad arrivare al 73% tra i 13-14 anni e all’82% tra i 15-16 anni.

PERICOLI IN RETE
Ma non mancano le insidie. Il 41% dei ragazzi si è imbattuto in contenuti o contesti potenzialmente pericolosi, il 12% dichiara di esserne stato turbato. Pornografia, bullismo, sexting (messaggi o immagini a sfondo sessuale inviati da coetanei), incontri offline con persone conosciute online, contenuti inneggianti anoressia, odio, droghe, suicidio, internet addiction, riguardano una fetta altissima del campione. Per quanto riguarda l’alfabetizzazione digitale e il possesso di specifiche competenze che garantiscono una maggiore sicurezza nella navigazione, i ragazzi italiani sono all’ultimo posto dopo la Turchia, preceduti da Romania, Ungheria, Cipro. Tra i genitori poi c’è molta approssimazione e incompetenza. Due dati su tutti: il 73% dei genitori ritiene non vi siano nella rete pericoli di incontri che possano turbare i minori e nel complesso il 36% dei ragazzi ritiene di saperne di più su Internet rispetto ai propri genitori. Anche sulla scuola siamo all’ultimo posto: il massimo coinvolgimento tra professori, rete e studenti si registra in Norvegia (97%) il minimo in Italia (65%). «Politiche orientate soltanto a limitare l’esposizione ai rischi online sono dannose perché rischiano di acuire il divario digitale - dicono dalla Sip - Occorre invece promuovere usi positivi della rete, fornire ai ragazzi le conoscenze e gli strumenti necessari per affrontare i rischi. La media education deve diventare una priorità dei percorsi formativi della scuola italiana». Per questo la Società italiana di Pediatria ha promosso un Manifesto di «proposte concrete» da sottoporre a governanti e educatori. Tra queste, rendere la banda larga disponibile ovunque, mettere una lavagna interattiva multimediale in ogni classe, integrare i materiali didattici con gli e-book, avvicinare i bambini all’uso del pc fin dalle elementari, promuovere la formazione sulle nuove tecnologie di insegnanti e genitori, favorire le lezioni sul web.
«L'Unità» del 20 novembre 2011

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