06 dicembre 2011

Scienza e religione

di Rino Cammilleri
Su «Il Domenicale» dell'8 maggio u.s. è comparsa un'interessante intervista concessa a Marco Respinti da Peter Hodgson, fisico nucleare, già docente di Fisica e Matematica a Oxford ed ora consulente del Pontificio Consiglio per la Cultura.
Lo scienziato, cattolico, dichiara che «la scienza moderna è stata resa possibile da ciò che la dottrina cristiana propone di credere a proposito del mondo materiale». Affermazione sorprendente, visto che lo scientismo otto-novecentesco ci ha abituato a pensare inconciliabili scienza e religione.
Tuttavia, se lo scientismo ha come autorevole testimonial un'agnostica come Margherita Hack, ci sono scienziati credenti che non vedono alcuna contraddizione nell'esserlo. Quasi mai, comunque, se ne trova uno che si sbilanci fino al punto di riconoscere le radici cristiane della scienza moderna.
Infatti, prosegue Hodgson, «per i cristiani il mondo è cosa buona giacché fatto da Dio: nella Genesi è scritto infatti che, dopo averlo creato, Dio guardò il mondo e vide che era cosa buona». Già, lo ripete ben sei volte. Diceva il sociologo delle religioni Léo Moulin che il cristianesimo è una religione «desacralizzante». Per esempio, gli antichi avevano deificato il sole e la luna, ma nel Genesi si dice che sono solo «luminari», lampade.
Dunque, la novità cristiana consiste nel sottomettere tutto, anche gli spiriti, al Dio unico, creatore di tutto e a cui tutto è sottoposto. L'unico non creato è Cristo, consustanziale al Padre e, per giunta, tramite della creazione: «per mezzo di Lui tutte le cose sono state create», recita il Credo. Le cosiddette e denigrate "questioni bizantine», cioè i dibattiti dei primi secoli sulla natura di Cristo, lungi dall'essere, dunque, discussioni oziose, sono stati, al contrario, «importantissimi», parola di Hodgson. Se tutto, tranne Cristo, è stato creato, ciò è«il contrario esatto del panteismo antico, secondo il quale non vi è distinzione sostanziale fra Creatore e creato. Un concetto, questo, paralizzante per la scienza». Ricordiamo sommessamente che un Giordano Bruno viene considerato uno dei precursori della scienza moderna, laddove è vero il contrario, perché Bruno proponeva appunto una posizione del genere.
Se tutto è stato fatto per mezzo di Cristo, il Buono per eccellenza, «significa che tutta la realtà è buona e che il mondo non è affatto il campo di battaglia dove si scontrano princìpi malvagi e princìpi positivi». I cristiani credono che il mondo sia razionale «appunto perché fatto da un essere razionale. Creandola, Dio ha dato alla materia proprietà indagabili». L'«effetto decisivo sullo sviluppo della cultura, quindi ultimamente della scienza», è stato inferto dall'Incarnazione di Cristo, avvenimento centrale del cristianesimo e «accadimento storico che differenzia il cristianesimo da qualsiasi altra religione».
Le antiche civiltà possedevano una concezione ciclica del tempo, «secondo la quale, dopo un certo numero di millenni, le cose si ripresentano perfettamente uguali a se stesse. Si tratta di un'idea in sé deprimente e debilitante». Invece, il farsi uomo di Cristo è stato «un evento unico che ha rotto con la prospettiva ciclica, sostituendola con una concezione lineare del tempo che scorre dall'alfa all'omega. Qui è contenuta, peraltro, tutta l'idea del progresso», ed è «solo la possibilità del progresso che genera una visione della storia intrisa di speranza».
In effetti, senza la speranza di un progresso (cioè, di un futuro migliore del presente) è inutile darsi da fare. Se la storia è ciclica, se il tempo non è una freccia puntata verso il meglio ma un cerchio senza capo né coda, non serve smaniare per accelerarlo: si rischia di fare la fine dei criceti che corrono all'interno di una ruota. Certo, non si può negare che molte civiltà antiche, dice Hodgson, «hanno conosciuto quella che definirei una scienza primitiva, la conoscenza empirica di alcune proprietà della materia». Ma «è completamente diverso da ciò che chiamerei scienza moderna: la comprensione dettagliata delle proprietà della materia, espressa in formule matematiche». Conclusione: «La scienza è nata nell'Europa occidentale cristiana». Ma, «per quelle culture che ritengono l'universo un caos, la scienza è un concetto assurdo».
Fin qui Hodgson. Ma noi possiamo andare avanti e darci un'occhiata intorno: le altre religioni non hanno prodotto nulla in campo scientifico e, men che meno, tecnologico. Sono ferme da millenni e non vedono perché debbano muoversi. Il ribollio, scientifico, culturale, filosofico, politico, sociale, nel bene e nel male, è sempre stato tutto occidentale. Se paragoniamo, per esempio, la tecnologia a disposizione di un guerriero hittita con quella di un soldato romano di millenni dopo, vediamo che non è cambiato molto. Ma con l'avvento del cristianesimo il mondo subisce un'accelerazione parossistica: già un cavaliere medievale usa le staffe e la «resta» per la lancia; pochissimi secoli ed ecco le armi da fuoco. E così via.
Torniamo adesso alla scienza: il medievale e cristiano s. Tommaso d'Aquino chiarisce che Dio, essendo razionale, ha dato al cosmo leggi razionali; dunque, non può cambiarie, sennò cesserebbe di essere razionale e sarebbe un capriccioso despota, cosa che non è. L'importanza fondamentale di questo passaggio è dato dalle conseguenze: la natura può essere studiata perché obbedisce a regole replicabili in laboratorio e, dunque, osservabili.
Se, poniamo, Dio avesse fatto il fuoco, sì, caldo, ma potesse in qualunque momento farlo freddo, sarebbe assolutamente inutile mettersi a studiare il fuoco. Invece, c'è di più: Dio stesso può essere steso sul lettino dell'investigatore e analizzato; anzi, è Egli stesso a chiederlo, perché vuole essere conosciuto (non si può amare quel che non si conosce). Infatti, il cristianesimo è l'unica religione con una «teologia», una disciplina, cioè, che studia Dio. Ecco perché la Chiesa (l'unica cosa che Cristo ha fondato) ha sempre incoraggiato (e finanziato) cultura, arte, scienza. Non si tiri fuori, per piacere, la solita storia di Galileo (Ieggersi il mio Quaderno del Timone «Il caso Galileo»): non era la Chiesa che metteva bocca nella scienza, ma Galileo che metteva la sua nella teologia. Senza averne la competenza.
«Il timone» del luglio / agosto 2004, anno VI, n. 35

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