10 febbraio 2012

Scott Hahn, Roma dolce casa

Tratto dal volume Roma dolce casa, Rome sweet home, Il nostro viaggio verso il cattolicesimo, Edizioni ARES, pp. 102- 109
di Scott e Kimberly Hahn
In quel periodo, Gerry e io continuavamo le nostre conversazioni telefoniche. Un giorno Gerry mi chiamò per invitarmi a partecipare con lui a un incontro con uno dei nostri più brillanti maestri, il dr. John Gerstner, un teologo calvinista laureato ad Harvard che aveva forti convinzioni anticattoliche. Gerry gli disse che stavamo prendendo in seria considerazione le posizioni della Chiesa cattolica; lui, quindi, fu ben felice di incontrarsi con noi per rispondere alle nostre domande.
Organizzò tutto Gerry. Potevamo portare i nostri Nuovi Testamenti in greco, le Bibbie in ebraico, i testi in latino dei concili cattolici e qualunque altra cosa volessimo; e dovevamo essere pronti a discutere di tutto, ma specialmente del sola fide.
Dovevamo incontrarci tutti e tre per andare a pranzare alla York Steak House, non lontano dalla casa di Gerry ad Harrisburg. Questo significava che il dr. Gerstner e io saremmo stati in macchina insieme parecchie ore, sia all’andata sia al ritorno. Ero eccitato e nervoso insieme, all’idea di dover incontrare uno studioso così ricco di fede e di erudizione.
Mentre andavamo in macchina, il dr. Gerstner e io passammo quattro ore a discutere intensamente di teologia. Gli esposi tutti gli argomenti che avevo raccolto da tempo sul fatto che la Chiesa cattolica era il culmine della storia della salvezza nell’Antico Testamento e la personificazione della Nuova Alleanza.
II dr. Gerstner ascoltò attentamente, rispondendo a ogni punto con interesse e rispetto. Sembrò considerare i miei argomenti come qualcosa di inedito; ma insistette per tutto il tempo che essi non erano una ragione sufficiente perché nessuno dovesse convertirsi alla Chiesa cattolica romana, che lui definiva «la sinagoga di Satana».
A un certo punto, mi chiese: «Scott, che base biblica trovi per il Papa?».
«Dr. Gerstner, lei sa quanto il Vangelo di Matteo sottolinei il molo di Gesù come figlio di Davide e re d’Israele, mandato dal Padre per inaugurare il regno dei cieli. Io credo che Matteo 16, 17-19 mostri come Gesù stabilisca tale regno. Gesù ha dato a Simone tre cose: innanzitutto, il nome di Pietro (roccia); poi, la promessa di costruire la sua Chiesa su Pietro; e, come terza cosa, le chiavi del regno dei cieli. E questo terzo punto che io trovo così interessante. Quando Gesù parla delle "chiavi del regno", si riferisce a un importante passaggio dell’Antico Testamento, Isaia 22, 20-22, in cui Ezechia, l’erede al trono di Davide e re d’Israele al tempo d’Isaia, aveva sostituito il suo vecchio primo ministro, Shebna, con uno nuovo, chiamato Eliakim. Chiunque poteva dire quale, fra i membri del gabinetto reale, fosse il nuovo primo ministro, dato che costui aveva ricevuto le "chiavi del regno". Affidando a Pietro le "chiavi del regno", Gesù stabili la funzione di primo ministro per governare la Chiesa, intesa come suo regno sulla terra. Le "chiavi", quindi, sono un simbolo dell’ufficio e della supremazia di Pietro, da trasmettere al suo successore; e così esso è passato di mano in mano lungo i secoli».
Rispose: «Questo è un argomento ingegnoso, Scott».
«E allora perché noi protestanti lo rifiutiamo?». Disse: «Beh, non sono sicuro di averlo mai sentito prima. Devo rifletterci un po’. Vai avanti con gli altri punti».
Allora proseguii, spiegandogli come la famiglia basata sull’alleanza era il principio unificatore, il concetto fondamentale della religione cattolica. Esso spiegava Maria come nostra Madre, il Papa come nostro padre, i santi come fratelli e sorelle, i giorni di festa come anniversari e compleanni.
«Dr. Gerstner, tutto acquista senso e diventa chiaro una volta che lei vede l’alleanza al centro della Scrittura».
Mi ascoltò attentamente. «Scott, penso che tu stia esagerando con questa storia dell’alleanza».
«Forse, dr. Gerstner. Ma sono assolutamente convinto che l’alleanza è il concetto centrale di tutta la Bibbia, proprio secondo l’insegnamento dei più grandi pensatori protestanti, come Giovanni Calvino e Jonathan Edwards; però sono anche convinto che l’alleanza non è un contratto, come loro l’hanno intesa, ma piuttosto un sacro vincolo familiare fra Dio e il suo popolo. Se sto sbagliando su uno dei due punti, mi faccia vedere dove. La prego. Lei potrebbe salvare la mia carriera».
Disse: «Aspettiamo che ci sia anche Gerry».
Arrivati all’appuntamento, discutemmo intensamente per ore e ore su vari argomenti, ma soprattutto sulla giustificazione. Presentai il punto di vista cattolico, secondo il quale la giustificazione non era semplicemente un’assoluzione, ma, alla luce del Concilio di Trento, condizione divina di figli. Per sei ore Gerry e io esponemmo varie tesi cattoliche; nessuna di esse fu confutata. Ponemmo anche molte domande, per le quali non ricevemmo una risposta soddisfacente.
Alla fine, Gerry e io ci guardammo l’un l’altro; eravamo entrambi pallidi. Per noi era un’esperienza sconvolgente. Avevamo sperato e pregato che qualcuno avesse potuto salvarci dall’umiliazione di doverci convertire.
Quando fummo soli per pochi istanti, dissi: «Gerry, mi sento ingannato dalla nostra tradizione protestante. Sono venuto qui pensando che saremmo stati fatti a pezzi. Ma la Chiesa cattolica non ha perduto su un solo punto. I testi citati dal Concilio di Trento sono stati presi fuori dal loro contesto. Involontariamente, lui ha travisato i canoni, isolandoli dalle definizioni formulate nei decreti».
Mentre lo riaccompagnavo a casa, parlai ancora, e a lungo, con il dr. Gerstner. Gli chiesi di mostrarmi dove la Bibbia insegnava il sola Scriptura. Non sentii un solo argomento nuovo. Invece, il mio interlocutore mi pose una domanda. «Scott, se sei d’accordo con me che ora noi abbiamo nella Bibbia la Parola di Dio ispirata e infallibile, allora di che cos’altro abbiamo bisogno?».
Risposi: «Dr. Gerstner, io non penso che il problema principale sia sapere di che cosa abbiamo bisogno; ma, visto che lei me lo sta chiedendo, le dirò la mia impressione. Dal tempo della Riforma, sono nate oltre venticinquemila Chiese protestanti, e gli esperti dicono che ne nascono altre cinque di nuove ogni settimana. Ognuna di esse, senza eccezione, sostiene di obbedire allo Spirito Santo e di seguire il significato letterale della Scrittura. Dio sa che abbiamo bisogno di qualcosa di meglio. Voglio dire, dr. Gerstner, quando i padri fondatori del nostro Paese ci hanno dato la costituzione, non si sono limitati a questo. Riesce a immaginare lei che cosa avremmo oggi, sei padri fondatori ci avessero lasciato solo un documento, buono finché si vuole, con un’esortazione del tipo "Possa lo spirito di George Washington guidare ogni cittadino"? Avremmo l’anarchia; che è precisamente ciò che abbiamo noi protestanti, quando si tratta di unità della Chiesa. Invece, i nostri padri fondatori ci hanno dato qualcos’altro, oltre alla costituzione: ci hanno dato un governo, costituito da un presidente, da un congresso e da una corte suprema, e ognuna di queste cose è necessaria per amministrare e interpretare la costituzione. E se tutto ciò è appena sufficiente per governare un Paese come il nostro, di che cosa ci sarà mai bisogno per governare una Chiesa universale? Ecco il motivo per cui, dr. Gerstner, personalmente sto iniziando a pensare che Cristo non ci abbia lasciato soltanto un libro e il suo Spirito. In effetti, Cristo non parla mai ai suoi apostoli, in nessun punto dei Vangeli, di ciò che ha o avrebbe scritto; inoltre, solo meno della metà degli apostoli hanno scritto libri che sono stati inseriti nel Nuovo Testamento. Quello che Cristo ha veramente detto - a Pietro - è stato: "Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa". Perciò per me ha più senso pensare che Gesù ci abbia lasciato con la sua Chiesa, costituita da un Papa, da vescovi e da concili, e che tutte queste cose siano necessarie per amministrare e interpretare la Bibbia».
Il dr. Gerstner fece una pausa pensosa. «È. tutto molto interessante, Scott, ma tu hai detto che non pensi che questo sia il problema principale. Qual è per te, allora, il problema principale?».
«Dr. Gerstner, penso che il problema principale sia quello che la Bibbia insegna circa la Parola di Dio, perché da nessuna parte essa riduce la Parola di Dio alla sola Bibbia. Al contrario, la Bibbia ci dice in vari punti che la Parola autorevole di Dio va ricercata nella Chiesa: nella sua Tradizione (2 Ts 2, 15; 3, 6), nonché nella sua predicazione e nel suo insegnamento (1 Pt 1, 25; 2 Pt 1, 20-21; Mt 18, 17). Ecco perché io ritengo che la Bibbia sostenga la tesi cattolica del "solum verbum Dei" (solo la Parola di Dio), e non lo slogan protestante del "sola Scriptura" (solo la Bibbia)».
Il dr. Gerstner rispose dichiarando - più e più volte - che la Tradizione cattolica, il Papa e i concili ecumenici insegnavano tutti cose contrarie alla Bibbia.
«Contrarie all’interpretazione della Bibbia da parte di chi?», chiesi. «Fra l’altro, gli storici della Chiesa concordano sul fatto che abbiamo il Nuovo Testamento grazie al Concilio di Ippona del 393 e al Concilio di Cartagine del 397, entrambi i quali mandarono le loro conclusioni a Roma per l’approvazione papale. Dal 30 d.C. al 393 d.C. é un periodo un po’ lungo perché si possa rimanere senza un Nuovo Testamento, non trova? Oltretutto, c’erano vari altri libri che la gente, a quell’epoca, pensava che potessero essere divinamente ispirati, come la Lettera di Barnaba, il Pastore di Enna e gli Atti di Paolo. C’erano anche parecchi libri del Nuovo Testamento - come la Seconda lettera di Pietro, la Lettera di Giuda e l’Apocalisse - che alcuni ritenevano che dovessero essere esclusi dal canone. Perciò qual era la persona in grado di prendere decisioni attendibili e conclusive, se la Chiesa non insegna con autorità infallibile?».
Il dr. Gerstner rispose con calma: «I Papi, i vescovi e i concili possono commettere errori, e, di fatto, li commettono. Scott, come puoi pensare che Dio renda Pietro infallibile?».
Feci una breve pausa. «Beh, dr. Gerstner, protestanti e cattolici sono d’accordo sul fatto che Dio ha certissimamente reso Pietro infallibile in due occasioni: quando ha scritto la sua prima e la sua seconda lettera, per esempio. Perciò, se Dio aveva potuto renderlo infallibile quando impartiva insegnamenti con autorità per iscritto, perché non avrebbe potuto preservarlo dagli errori anche quando impartiva insegnamenti con autorità di persona? Similmente, se Dio ha potuto fare questo con Pietro - e con gli altri apostoli che hanno scritto nella Bibbia - perché non avrebbe potuto farlo con i loro successori, tantopiù prevedendo l’anarchia che si sarebbe creata se non lo avesse fatto? Inoltre, dr. Gerstner, come possiamo essere sicuri che gli stessi ventisette libri del Nuovo Testamento siano l’infallibile Parola di Dio, se sono stati concili della Chiesa fallibili e Papi fallibili a compilarne l’elenco?».
Non dimenticherò mai la sua risposta. «Scott, questo significa solo che tutto quello che possiamo avere è una raccolta fallibile di documenti infallibili!».
Domandai: «E questo il meglio che il cristianesimo protestante storico è in grado di dire?».
«Sì, Scott; tutto quello che possiamo fare è formulare giudizi probabili in base a prove storiche. Non abbiamo altra autorità infallibile che la Bibbia».
«Ma, dr. Gerstner, quando apro il Vangelo di Matteo, o la Lettera ai Romani, o quella ai Galati, come posso essere sicuro che quella sia davvero l’infallibile Parola di Dio?».
«Come ho detto, Scott, abbiamo solo una raccolta fallibile di documenti infallibili».
Di nuovo, mi sentii molto insoddisfatto delle sue risposte, pur sapendo che il mio interlocutore rappresentava fedelmente il punto di vista protestante. Mi misi a riflettere su quello che mi aveva detto, su quale fosse il principio assoluto dell’autorità, e sull’inconsistenza logica della posizione protestante.
Gli risposi soltanto questo: «Allora io penso, dr. Gerstner, che, se vogliamo andare al nocciolo della questione, l’autorità infallibile deve essere costituita dalla Bibbia e dalla Chiesa: da tutte e due, o da nessuna delle due!».
Tornai a casa alle prime ore del mattino. Quando comunicai a Kimberly i risultati della giornata trascorsa insieme al dr. Gerstner, lei si spaventò. Aveva sperato che quella discussione avrebbe posto fine a tutto.
Mi strappò una promessa. «Ti prego, non farlo improvvisamente: sarebbe troppo doloroso».
Le assicurai: «Se mi converto, Kimberly, non sarà prima del 1990. E mi convertirò solo se è assolutamente necessario; solo se queste conclusioni diventano ineluttabili».
Era il 1985. Mi sembrava di disporre di un tempo sufficiente per compiere un passo intellettualmente rispettabile, se mi fossi convertito.
Lei rispose: «Va bene, posso convivere con questa cosa».
Dopo molta preghiera, capimmo che era necessario che lavorassi su questo problema a tempo pieno.
Postato il 10 febbraio 2012

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