30 giugno 2012

I sedicenni sarebbero ignoranti? Una leggenda tutta italiana

di Pietro Citati
Credo che i sedicenni o diciottenni, che frequentano i licei italiani, siano calunniati sui nostri giornali. Dovunque leggiamo che non hanno letto libri, e che non sanno scrivere in italiano: mentre si dà per inteso che le generazioni anteriori conoscessero molti libri e scrivessero decorosamente. Credo che sia una sciocchezza, come tutte quelle che paragonano, in generale, l'intelligenza e la cultura delle diverse generazioni.
La mia esperienza è diversa. Ogni tanto, per una ragione o l'altra, obbedendo a questa o quella curiosità, mi vengono a trovare dei ragazzi o dei giovani. L'ultimo è venuto pochi giorni fa. Aveva sedici anni. Abitava in un paesone degli Abruzzi non lontano da Pescara. Parlava con eleganza, precisione e leggerezza, senza nemmeno una traccia di profumo dialettale. E, via via che il discorso superava la sua naturale timidezza, mi sono accorto che aveva letto moltissimi libri: molti più di quelli che, nel lontano passato, avevo letto io alla sua età. Non erano libri comuni, raccomandati a scuola, o conosciuti da tutti. Erano libri rari. Per esempio, mi disse che amava i saggi di Mario Praz: libri che, oggi, non pochi anglisti di quaranta o cinquant'anni non hanno mai sentito nominare.
Credo che il ragazzo abruzzese abbia molti affini. Un mio amico, che insegna in una università degli Stati Uniti e alla Sapienza di Roma, mi dice che la ignoranza e la mediocrità degli studenti italiani è una leggenda. Tra i suoi studenti, quelli di Roma posseggono spesso un'intelligenza più sottile e una cultura più rara. Insieme a loro, tiene seminari con molto profitto. Solo che, come tutti sappiamo, mentre gli anni passano, i suoi eccellenti studenti romani restano a casa, senza lavoro e senza stipendio.
«Corriere della sera» del 26 giugno 2012

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