10 novembre 2013

I genitori e l’adolescenza inspiegabile. «Eravamo diversi, non li capiamo»

di Paolo Conti
«Quando mi ritrovo davanti a genitori e ragazzi che si sono relazionalmente “persi”, la prima misura che adotto è aiutare padri e madri ad aggiornare il loro ruolo: smetterla di sentirsi genitori dell’infanzia e gestire la nuova, inevitabile, enorme distanza antropologica, culturale e relazionale che si crea con l’adolescenza. E bisogna mettere subito nel conto che se prima, nell’infanzia, il genitore arrivava sempre e comunque “prima” di qualsiasi avvenimento, nell’adolescenza è fatalmente destinato al “dopo”. Lì comincia per i ragazzi il lungo e faticoso viaggio verso il gruppo, la coppia, il collaudo della propria autonomia ...».
Il professor Gustavo Pietropolli Charmet, psichiatra, psicoterapeuta dell’adolescenza, da trent’anni anima a Milano il Consultorio gratuito per adolescenti e genitori della cooperativa sociale «Minotauro». Quindi sa bene quanto sia complesso, come scriveva ieri il nostro vicedirettore Barbara Stefanelli nel suo editoriale, affrontare da genitori quell’«universo sconosciuto che è l’adolescenza inspiegabile» dei nostri giorni. I figli sembrano «stranieri, in casa».

Cosa può fare, professore, un genitore di fronte a ciò che può apparire un muro di silenzio?
«Prima di tutto non bisogna vivere il passaggio come se fosse una tragedia. Non c’è nulla di più accattivante che assistere alla fioritura adolescenziale di un figlio o di una figlia».

Però questo lavoro sembra sempre più duro e complicato. Proprio Barbara Stefanelli si chiede: «È stato così anche quando noi eravamo nella stanza del figlio?».
Qui il professore è molto netto: «Un genitore dei nostri giorni non può assolutamente ricorrere all’esperienza della propria adolescenza per affrontare il problema. È essenziale capirlo. Tutto è troppo, e rapidamente, cambiato per poter “lavorare” con quegli strumenti. Una giusta prospettiva educativa è, per i genitori, mettersi a cercare, a capire, senza presumere di sapere già. Cioè tentare di comprendere mode e culture. Anche proponendo domande dirette: “Ma quale valore attribuite all’abuso dell’alcol?”, per fare un esempio. E poi studiare, documentarsi, analizzare».

In questi giorni le cronache dei giornali sono pieni di storie angoscianti, prima tra tutte la prostituzione all’alba dell’adolescenza…
«Indubbiamente sono frange, anche se molti genitori vivono nel terrore che tutto questo possa accadere ai propri figli. Ed è normale. Bisogna partire da una premessa. La sessualità degli adolescenti è uscita dall’etica. Nessun genitore pensa che la verginità dei propri figli sia un valore da tutelare. Semmai si augurano che il loro incontro con la sessualità avvenga serenamente e senza senso di colpa, in ambiente protetto, persino in casa per senso di protezione. Però un adolescente di oggi non abbina necessariamente la sessualità alla costruzione di una relazione, di un amore, o allo stesso piacere»

Quindi di cosa si tratta?
«Può anche essere un semplice “collaudo” di se stessi e della corporeità. La verifica del proprio fascino, della capacità di sedurre. Insomma, del proprio potere. Ed è qui che deve concentrarsi il grosso lavoro educativo dei genitori e degli stessi insegnanti».

La domanda è sempre la stessa, ma inevitabile. Come può comportarsi un genitore?
«Mi ripeto, ma l’adulto deve studiare e capire. Per esempio sostituire alla vecchia morale sessuofobica una nuova etica affettiva. Oggi i ragazzi non vedono più i genitori come repressori. Non ne hanno più “paura”. Per parlare chiaro: vogliono un padre e una madre competenti e informati con cui discutere, per esempio, sull’uso delle sostanze stupefacenti senza che qualcuno si metta a urlare chiamando il medico o un’ambulanza. E bisognerebbe anche evitare che i ragazzi possano sentirsi deplorevoli agli occhi dei genitori. Quindi oggetto di sdegno, non più di punizioni. È quasi peggio».

Ma non si chiede troppo ai padri e alle madri di oggi?
«Un periodo di trasgressione, di sfida del limite, di fuga dall’autorità va gestito e messo nel conto».

Infine c’è il nodo della rete, della sessualità on line e degli incontri che magari si realizzano solo virtualmente…
«I genitori vedono la casa come un ambiente protetto. Invece, magari di là, nell’altra stanza, l’amata figlioletta si sta “prostituendo virtualmente” tra le quattro mura domestiche. È il frutto di una sottocultura prodotta dalla società fluida, dal narcisismo: abbiamo sostituito l’etica con l’estetica. Gli adolescenti di oggi quasi ignorano le angosce edipiche o la paura della castrazione. Conoscono solo la vergogna di non avere fascino. Infatti questo problema è alla base di tanti suicidi e di tanti disturbi alimentari. Ed è proprio qui che bisogna lavorare, puntando sulla “bellezza complessiva” della persona. Perché la vergogna di “non essere belli”, nell’universo degli adolescenti di oggi, purtroppo, è una bruttissima bestia… ».
«Corriere della Sera» del 10 novembre 2013

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