18 dicembre 2013

Mandela oggi eroe di tutti, ma non lo è sempre stato

di Maria Grazia Bruzzone
Cercando su Twitter l’hashtag #mandela, accanto al più semplice a sorpresa ne vengono fuori altri tre che al nome aggiungono aggettivi: #mandela communist, #mandela terrorist e #mandela racist, addirittura. Come è possibile? Eppure è così, ed è un segnale. Perché oggi tutti, ma proprio tutti i capi di Stato osannano il Nobel per la Pace e si accingono a portare omaggio all’eroe della vittoria contro l’apartheid amatissimo dai più, simbolo universale della lotta al razzismo, per la libertà , icona della non violenza. Ma non è sempre stato così. Anzi. E una fetta dell’opinione pubblica sembra ancora di diverso parere – almeno negli Stati Uniti dove Mandela è stato nella lista CIA dei terroristi fino al 2008 - ma forse anche altrove.
A ricordare quanto la figura del leader sudafricano sia stata controversa fino a un tempo relativamente recente è un post del sito tedesco Deutsche Welle. Oltre a vari blog e siti, dall’italiano Linkiesta, al Washington’s Blog, a Global Research.
Ma anche NBC, Daily Beast, Newsweek. CNN dedica un lungo post per replicare, puntualizzando, alle accuse che girano su Twitter. Mentre sul sito russo RT un post ricorda fra l'altro i legami del presidente del SudAfrica con Fidel Castro e persino con Gheddafi che, (come del resto l’URSS), finanziava l’ANC, l’African National Congress a lungo alleato del partito comunista sudafricano. E un altro ripropone citazioni scomode per lo più ignorate dai media.
DW racconta che i governi e politici tedeschi, specie i conservatori ebbero a lungo un atteggiamento molto cauto, per non dire ostile. E non erano i soli. “La definizione di Mandela come ‘terrorista di Stato’ era apertamente accettata negli Stati Uniti e in Gran Bretagna’, ricorda l’ex ministro degli Esteri Genscher, che quando nel 1985 sostenne all’ONU la richiesta di rilascio di Mandela (che era in carcere dal 1962) venne accusato di appoggiare un assassino e terrorista. La risoluzione non venne approvata.
Nel 1980, sull’onda dello slogan Free Mandela, era cominciata una campagna internazionale antiapartheid, mentre in Sud Africa i prodotti importati cominciarono ad essere pesantemente boicottati da gruppi religiosi e associazioni civili e studentesche. Con danni evidenti per il business della Germania, primo partner commerciale del Paese. L’atteggiamento della politica e delle grandi aziende – che continuavano ad assumere come manager solo bianchi – comincia a cambiare solo nel 1989 con l’avvento della Perestroyka in URSS, e dopo un decennio di scontri che piombarono il Sud Africa in una guerra civile che sembrava inarrestabile.
“Ma fino al 1996 verso Mandela e l’ANC in Germania vi fu un certo scetticismo”.
Nel 1990 Mandela, dopo 27 anni, era stato finalmente fatto uscire di prigione nel tentativo di riportare la calma nel Paese dilaniato da una violenza che minacciava ormai gli interessi economici dei bianchi.
“Mandela era l’unica via d’uscita dalla storia fascista del Paese, per evitare una guerra civile troppo estesa e consentire la sopravvivenza degli interessi storici degli afrikaans” scrive Linkiesta.Che smonta il mito di un Madiba non violento in toto.
“Politico abile, umile, a tratti cinico, teatrale e paziente. Non solo è riuscito a convincere i neri a non vendicarsi: ha evitato che le famiglie bianche vedessero svanire rendite e possedimenti tramite le restituzioni. È stato un brillante uomo del compromesso: i bianchi hanno ceduto il potere politico, e in cambio è stato lasciato loro quello economico. Qui è il carisma di Mandela: ‘Credetemi, e il Paese nascerà’ ”.
“Ma non si pensi che abbia raggiunto i suoi obiettivi solo con la riconciliazione. Mandela non è Madre Teresa o Gandhi, che lo si accetti o meno. Mandela ha impiegato per anni la violenza come arma politica – non di “negoziazione”, perché secondo lui «chi non è libero non negozia». Già nel 1985 gli era stata offerta la libertà in cambio della rinuncia alla violenza, ma rifiutò. Nel 1990, mesi dopo la sua liberazione, il presidente americano George Bush gli chiese di abbandonare la lotta armata, ma Mandela sostenne che essa sarebbe continuata finché il governo sudafricano non avesse iniziato a smantellare l’apartheid.
Oggi si tende a passarci sopra. Come si tralascia il fatto che Mandela sia stato cancellato dalla lista dei terroristi della CIA soltanto nel 2008, fatto ricordato da vari tweets. La CIA del resto aveva giocato un importante ruolo nel suo arresto nel 1962 scriveva il NYTimes nel 1990, linkato nel post del Washington’s Blog.
Newsweekha confermato la vicenda nei giorni scorsi, e anche la rete tv NBC se ne è occupata.
Nella lista dei terroristi Mandela fu messo nel 1980 da Ronald Reagan (che arrivò a dire che il regime razzista sudafricano era ‘essenziale al mondo libero’) e nel 1985 Dick Cheney, allora parlamentare Repubblicano, votò contro la risoluzione ONU che ne chiedeva la liberazione, scrive oggi The Daily Beast titolando "Ora lo onorano, allora lo odiavano". E aggiungendo che nel 2004, dopo che Mandela criticò la guerra in Iraq, Cheney ebbe a dichiarare:‘Il suo furioso antiamericanismo e il suo sostegno a Saddam Hussein non stupisce, visto il suo dedicarsi al comunismo e al suo elogio dei terroristi’.
L’ex vice di George.W Bush non si è affatto pentito del suo giudizio né del suo voto contrario alla liberazione di Mandela: ‘Non ho nessun problema col mio voto di 20 anni fa' ha detto, a quanto riferisce l’HuffingtonPost.
Molti elettori conservatori la pensano probabilmente come lui, a giudicare dai tweets. Di più. Ritengono che Mandela fosse non solo comunista e terrorista ma addirittura razzista. Accuse che la CNN smentisce drasticamente nel suo lungo post ultra-pedagogico dove distingue fra le accuse, quello su cui si basano e la verità.
Viene ricordato che nel 1962 si era in piena Guerra Fredda e il mondo era diviso in due: con gli Usa o con l’URSS e la Cina. Un anno prima era stato alzato il Muro di Berlino. La vicinanza di Mandela con i movimenti marxisti data dagli anni ’40, cominciò con la sua amicizia, durata un’intera vita, con Joe Slovo, un ardente comunista. Ma Mandela non fu mai comunista fino in fondo. E’ vero – secondo lo storico Sampie Terreblanche sentito da CNN - che dopo la sua liberazione andò dall’amico Fidel Castro (fu la sua prima visita, ricorda RT- ma nel suo lungo tour diplomatico non si recò in Urss, o in quel che restava). E a una cerimonia per il rilancio del partito comunista sudafricano dichiarò che l’ANC ‘Non è un partito comunista’. Insomma, aveva capito dove era meglio posizionarsi, per il bene del suo Paese.
Razzista? "Il giorno prima di essere mandato nella prigione di Robben Island in un discorso in parlamento disse che era ‘contro ogni forma di razzismo’. Il suo amico Slovo era bianco, come molti altri rivoluzionari che si unirono al gruppo. Nel processo politico che portò alla fine del regime trattò col suo predecessore bianco, l’ex presidente conservatore e segregazionista Frederick Willelm de Klerk, che poi condivise il Nobel con lui. Abbracciò il rugby, sport popolare e eredità degli afrikaaners sostenendo la squadra di soli bianchi. E alla fine del match con la nuova Zelanda andò sul campo indossando la maglietta del capitano della squadra. Un gesto che ispirò il film di Clint Eastwood Invictus del 2009.
La folla cominciò a cantare il suo nome. Erano quasi tutti bianchi.
Parlare come fa Global Research di ipocrisia a proposito degli omaggi a Mandela da parte di tutti leader, da Clinton a Blair, da Cameron …a Obama – che non ha chiuso Guantanamo e non si cura dei civili uccisi dai droni Usa in Pakistan e Yemen - appare a questo punto eccessivo.
Per quante contraddizioni vi possano essere nella quasi beatificazione di Mandela a cui assistiamo, ben vengano le icone che veicolano nel mondo messaggi e valori che possono renderlo migliore.
«La Stampa» dell'8 dicembre 2013

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